Larghe intese per Camilleri Ma Sellerio non ha deciso

ELOGI «Meraviglioso» non si nega a nessuno e ogni thriller è il migliore del decennio

Larghe intese per Camilleri Ma Sellerio non ha deciso

Il romanzo sarà pure morto, come dicono quei critici che non hanno più voglia di lavorare, ma il merchandising editoriale purtroppo è vivissimo. E fra tutte le sue mostruose geminazioni, lo scrivente quando piove gira con un orrendo ombrellino con scritto sopra L’Ipnotista - un thrillerone di Lars Kepler che mi sono guardato dal recensire -, ce ne è una che sta imperversando sempre di più: la fascetta. Non c’è libro che speri in un alta tiratura che non sia adorno di questa strisciolina di carta colorata (vanno per la maggiore il giallo «ipnotico», l’arancione «se non mi vedi e sei daltonico» e il rosso «comprami ti prego») di spessore variabile (abbiamo riscontrato una prevalenza nella fascia tra i 4 e i 4,5 centimetri ma arrivano a 7) e contenente parole di miele.
E le strategie da applicare, mediante la striscia acchiappa gonzi, sono varie. Ci sono quelli che si appellano all’insindacabile superiorità culturale dei giornali stranieri. Non avete idea di chi sia Shilpi Somaya Gowda? Men che meno vi solletica un titolo trito come La figlia segreta? Bene, Corbaccio ci mette una bella striscia gialla per farvi sapere che è «un romanzo d’esordio da 300mila copie». Di più, vi avvisa che è «Una storia di divisione e riconciliazione familiare scritta con intensità e profondità». Firmato Kirkus Reviews. Non sapete nemmeno cosa sia la Kirkus? Pazienza è una rivista americana, è autorevole per forza... Se poi volete un giallone nordico come resistere a A. J. Kazinski e al suo L’ultimo uomo buono (Longanesi). Questo il perentorio giudizio critico della fascetta: «Un thriller rivoluzionario. Una trama esplosiva, piena di colpi di scena magistrali». E a dirvelo è Ekstra Bladet, autorevolissima testata danese. Beh no, autorevolissima no, da noi sarebbe un giornale di gossip e sensazionalismo, schifato da ogni radical chic. E se non ci si rivolge ai giornali si può sempre ricorrere alle tecniche da supermercato. La Contessa Nera di Rebecca Johns la fascia un: «Venduto in tutto il mondo. Adorato da lettori e librai». Chi lo dice? L’editore (Garzanti) stesso, una frase del genere non aveva voglia di firmarla nemmeno un giornale di gossip del Malawi. Riescono a far peggio quelli che ti dicono di aver fatto dalle 3 alle 5 ristampe nella prima settima. Cari editori se sbagliate tiratura dovrebbero essere problemi vostri...
Ma il colpo gobbo è il grande scrittore che parla bene dell’esordiente. E qui scatta l’assedio al nome noto (spesso giocando in casa) per fargli dire qualunque cosa che suoni come un complimento. Anzi, per certi scrittori fare fascette diventa una sorta di secondo lavoro. Tra gli italiani il povero Lucarelli non ha pace, gli tocca dire che ogni thriller è un capolavoro col turbo, soprattutto se è Einaudi. Così Il sangue di Montalcino di Giovanni Negri, giallo enogastronomico, diventa: «Fondo torbido, colore rosso sangue, bouquet imprevedibile... Questo è un ottimo giallo d’annata». E quando ha finito di lodare enologi morti ammazzati deve inventarsi qualcosa per l’ennesimo giallo nordico. Ma non gliela fa: «Anne Holt scrive bellissime storie con quella fredda efferatezza a cui ci hanno abituato gli autori scandinavi». Insomma la Holt è come tutti gli altri ma ve lo dico educatamente. Non parliamo di Saviano. Gli farebbero fascettare o fare la prefazione a qualunque cosa. Un libro relativo alla memoria e all’Olocausto (Lezioni di tenebra di Helena Janeczek per Guanda): fascetta di Saviano. Il libro di Giacomo Panizza Qui ho conosciuto purgatorio, inferno e paradiso (Feltrinelli) è anticipato invece da una fascetta che parla di Saviano: «La storia del prete anti-’ndrangheta raccontata da Roberto Saviano a Vieni via con me». Insomma Panizza in sé conta meno del fatto che Saviano ne abbia parlato in tv. Ma non manca nemmeno la caccia grossa all’autore internazionale Stephenie Meyer e Rowling in testa. Che la Rowling chiuso il ciclo Harry Potter sia in crisi creativa è noto, ma le si può sempre far dire che è bellissimo quello che fanno gli altri. Di fronte alla Storia di Mina (Salani) di David Almond si lascia andare a: «Il miglior libro per ragazzi che ho letto ultimamente». E chi non riesce a convicerla a parlar bene di un libro allora deve rivolgersi al numero due, Philip Pullman, che invece a proposito dell’Orco di Montorto (Salani) si lancia in un: «con libri così non smetteremo mai di divertirci». Però essendo solo il «numero due» l’editore pensa bene di aggiungere al nome un «l’Autore della Bussola d’oro» (il pubblico ricorda solo quello che diventa film). Non parliamo poi di Nick Hornby, gli piace tutto. È sempre «Uno dei più bei romanzi degli ultimi dieci anni».
Ma visto che qualche remora magari un autore vivente se la può fare, qualche editore finalmente ha trovato il modo di andare oltre. Niente di meglio della fascetta del genio morto.

Se nessuno vuol parlare del romanzo di Michele Rak La Venere perduta (Salani) niente di meglio che una frase di Antonio Canova «Tanta sorprendente bellezza». Tanto i morti non protestano e hanno detto un sacco di belle cose, non importa di chi.

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