
Nel decantato centenario della nascita, ecco una mostra che racconta Robert Rauschenberg - artista poliedrico, unico nel panorama del dopoguerra con opere che ne evidenziano aspetti per certi versi inediti. L'evento si deve alle Gallerie d'Italia di Intesa Sanpaolo, fondazione che già in aprile, in occasione del Miart, aveva aperto i suoi caveau esponendo tre opere dell'artista nato a Port Arthur, ovvero «Scripture», 1974; «Gulf», 1969; «Clearing», 1969. A queste opere, selezionate all'interno della collezione Luigi e Peppino Agrati donata a Intesa Sanpaolo, fece da contraltare un altro capolavoro presentato nei padiglioni della fiera, «Blue exit», del 1961.
Anche queste opere fanno parte dell'esposizione che si inaugura oggi dal titolo «Una collezione inattesa, la nuova arte degli anni Sessanta e un omaggio a Robert Rauschenberg» che accende i riflettori su due aspetti: il primo è il ruolo che Rauschenberg giocò - in quel periodo costellato da radicalismi - come «ponte» tra la cultura artistica europea e quella americana, ma anche tra la poetica new-dada, di cui fu interprete esemplare, e quella «Pop art» troppe volte usata come calderone di stilemi tutt'altro che omogenei. Il secondo «plus» è la valorizzazione della Collezione Luigi e Peppino Agrati, i due fratelli industriali mecenati che, a cavallo degli anni Sessanta conobbero e collezionarono coloro che sarebbero diventati protagonisti nel Dopoguerra. Oltre 500 capolavori di quella collezione sono stati donati alle Gallerie d'Italia e 60 tra i più prestigiosi sono oggi esposti a corollario della figura di Rauschenberg, che con gli Agrati ebbe un rapporto privilegiato. Le opere in mostra di Ives Klein, Lucio Fontana, Giulio Paolini, Robert Ryman, Richard Serra, Andy Warhol, Michelangelo Pistoletto ed altri protagonisti di quella stagione, servono a contestualizzare un'epoca che nei due continenti rivoluzionò il concetto stesso di opera, annullando spesso la rappresentazione per rendere protagonista il mondo con i suoi feticci quotidiani.
Nel crocevia delle ricerche, tra spazialismo europeo e minimalismo americano, si erge la figura di Rauschenberg che, con un nucleo di 17 opere, esprime volti via via differenti alla propria poetica, tra materiali eterogenei ed extrapittorici (lo spartiaque resta «Blue Exit», sorta di testamento della pittura), ma restituendo dignità alle grafiche che per la prima volta (anticipando Warhol) diventano innovativi «originali», testimoni di un'epoca. Non mancano, in mostra, le opere he raccontano l'anima girovaga di Rauschenberg, un racconto intimo fatto di oggetti, sabbie e materiali provenienti dai viaggi a Gerusalemme, in India e nell'Europa del Sud. Nel suo cuore c'era l'Italia, dove l'artista realizzò progetti importanti sotto l'ala del grande gallerista napoletano Lucio Amelio.
Tra questi Neapolitan Gluts, sculture e assemblaggi prodotti in città, qui rappresentati dall'opera «Trasmettitore Argento Glut» proveniente dalla collezione di Peppino Agrati che proprio a Napoli, al fianco di Amelio, consolidò con l'artista americano un'amicizia fruttuosa.