(...) «Non volevo diventare il tipico funzionario di mezza età con le classiche deformazioni professionali e l'ambizione di diventare direttore; non sopportavo l'ossequioso rispetto che bisogna avere per far carriera. Mi sentivo una macchina al servizio dei banchieri a cui interessa solo guadagnare sempre di più. Però se avessi avuto moglie e figli sarei rimasto a lavorare in ufficio per far vivere bene la famiglia. Dovevo pensare solo a me stesso; nei due anni di corso regionale di mascalcia, per non pesare sul bilancio famigliare, facevo lavori occasionali».
Perché ha scelto la Liguria per fare questo mestiere?
«Qui in Liguria ci sono vari maneggi, ma ci sono pochi maniscalchi, perciò io vivo bene. Abito a Zoagli, qui è nata la passione per la mascalcia! Ho un furgone con dentro tutti gli attrezzi per lavorare, cioè un'officina viaggiante, mi sono creato una buona clientela e in media ogni cinquanta giorni, a turno, controllo tutte le bestie nei vari maneggi. Ci sono molti tipi di ferratura, ogni specialità ha bisogno della calzatura adeguata, come per gli uomini, ci sono le scarpe da montagna, da ballerina, le ciabatte da spiaggia. Io controllo come cammina la bestia, "pareggio", cioè limo l'unghia per renderla piatta, correggo il ferro e lo applico allo zoccolo».
Quali e quante difficoltà ci sono per ferrare il cavallo?
«L'equino fa parte della famiglia dei predati, perciò si sente braccato dall'uomo, capisce se hai paura; si spaventa e vuole scappare o difendersi, la sua arma sono i calci. Bisogna saper affrontare il cavallo, tenerlo calmo e diventare il loro amico. Per la ferratura bisogna infilarsi tra la gamba e il corpo della bestia, stringere la zampa tra le gambe e incominciare a lavorare lo zoccolo sperando che l' animale non si sposti o si appoggi sulla tua schiena. Quando senti il peso di cento chili sul groppone, le ginocchia incominciano a cedere, bisogna stringere i denti e tirare fuori la forza e resistere. Se poi si spaventa e scalcia, sono guai!».
Quanti calci ha preso?
«Tre calci, il primo mi ha fatto fare un volo di due metri, fortunatamente sono caduto bene, un altro l'ho preso di striscio, con l'ultimo calcio ho preso una brutta schienata per terra, ma finora è andata bene. Un bel calcio, preso alla sprovvista, ti ammazza. Ho rischiato di rovinarmi la spina dorsale e le ginocchia, quando facevo la gavetta, ferrare cavalli cattivi che nessuno vuole fare, non è stato facile».
Va in banca qualche volta?
«No! Mando la moglie! Come lo devo dire che non mi piace la banca! Penso che dai venti ai cinquant'anni bisogna godersi la vita, fare un mestiere che piaccia e questo rende felici e fantasiosi, bisogna mantenere la mente lucida! Essere metodici e abitudinari fa diventare un po' "Rinco ", si può dire "Rinco"? o qualche Direttore si arrabbia? Io vivo tra i cavalli e mi bastano i loro calci!».
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