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Lasciano Trabucchi e 4 consiglieri Un commissario per le case d’oro

Si respirava un clima teso ieri mattina in via Marostica 8, sede dell’amministrazione e della presidenza del Pio Albergo Trivulzio. Porte blindate, dipendenti palesamente di cattivo umore si fanno largo tra i cronisti assiepati sulle scale dell’entrata. Oltre non è concesso andare. Nessuno ha voglia di parlare. Concluso il consiglio di amministrazione, dopo circa tre ore (dalle 10,30 alle 13,30), nessuno si palesa all’uscita: «Hanno detto che non vogliono paralare con nessuno, dormono qui dentro pur di non inconte i giornalisti» dicono dall’ufficio stampa. Il clima si fa ancora più teso meno di una mezz’ora dopo, quando gli autonomi irrompono nell’ingresso della palazzina al grido di «ladri».
L’atmosfera è elettrica anche durante il vertice del cda, che si scioglie verso mezzogiorno per le dimissioni di cinque consiglieri su sette. Il primo a fare un passo indietro nonostante le dichiarazioni di «resistenza» dei giorni scorsi è proprio il presidente Emilio Trabucchi, uomo a suo tempo indicato dal sindaco. Troppo forte il pressing di questi giorni da parte di Letizia Moratti, furibonda per lo scadalo «Affittopoli» a meno di tre mesi dalle elezioni, del governatore Formigoni e di una Lega non proprio disinteressata - «La Moratti metta ordine in quella porcilaia» l’appello del capogruppo Matteo Salvini.
Si dimette la vice presidente Francesca Zanconato Scaroni, che preferisce giocare «in solitaria», sfilandosi dal fronte della comunicazione congiunta. «I cinque membri del consiglio, (compreso il presidente, escluso il direttore generale Fabio Nitti che siede nel consiglio ma non ha potere di voto, ndr) - si legge nel comunicato - hanno rassegnato le proprie dimissioni su pressante richiesta delle istituzioni che sono state a loro volta sollecitate anche dalla “gogna mediatica“ in merito alla gestione patrimoniale e non del Pio Albergo Trivulzio».
«Con le mie dimissioni ho voluto dare un contributo al rinnovo del vertice del Pat attraverso l’azzeramento del suo vertice. È il momento di dare una forte sferzata - scrive la Zanconato -. Ho informato della mia decisione il presidente della Regione Roberto Formigoni e il sindaco Letizia Moratti rimarcando la mancanza di trasparenza e la gestione personalistica del tema “trasparenza affitti” che ha provocato gravi danni alla reputazione dell’Istituto. Sono una persona positiva e voglio sperare che da questo momento difficile per il Pat possa venire fuori la scintilla che faccia ripartire l’istituto, spgliandolo dei tristi bagagli del passato».
È proprio sull’asse Trabucchi-Zanconato che si basa il braccio di ferro di questi giorni, che ha portato appunto allo scioglimento del consiglio e porterà alla nomina, nel giro di una decina di giorni, di un commissario. In realtà sembra che Letizia Moratti penserebbe alla Zanconato come successore alla presidenza: sua donna di fiducia, moglie dell’ad dell’Eni Paolo Scaroni, eletta nel cda in quota Regione, infatti, è nel comitato «Amici di San Patrignano» e nel consiglio direttivo di Casa Letizia. Ma non sembra che la pensino così dalle parti del Pirellone, che sembra preferire invece per la figura di presidente un tecnico vero e proprio. Il nome della Zanconato, per la verità, non compare nemmeno nella lista dei 95 commissari delle aziende di servizi alla persona, tra cui verrà scelto il commissario.
Che si stia consumando una lotta interna ai vertici dell’ente pubblico, controllato al 50% dal Comune e al 50% dalla Regione, non è un mistero.

«Secondo me ci hanno chiesto di dimetterci per beghe interne tra vicepresidenza e presidenza» attacca Marco Antonio Giacomoni (Lega), che con Luca Storelli si è opposto alle dimissioni con un comunicato di fuoco: «I consiglieri Giacomoni e Storelli non si dimettono ritenendo le dimissioni un’ammissione di colpa inaccettabile perché non riconoscono che generiche contestazioni di stampa giustifichino l’abbandono dell’incarico che tutto il cda ha svolto con impegno e correttezza. Ritengono inoltre che i casi “Boffo” debbano essere nettamente contrastati». Insomma colpa della stampa. Intanto serpeggerebbe il mal di pancia tra i membri «dimissionati» che farebbero capire di essersi già pentiti.

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