Controcultura

Lasciarsi morire o credere? Indagine su Houellebecq

In un libro interviste, saggi di diversi autori e qualche inedito. Un omaggio importante

Lasciarsi morire o credere? Indagine su Houellebecq

Tre-quattro regole di marketing spiegano tutti i comportamenti umani. Non siamo molto più complicati delle formiche. Dire «io» è una affermazione supponente, nel vero senso della parola. La società capitalista, che è comunque la migliore mai sperimentata, è una macchina per produrre alienazione e infelicità. La dimostrazione geometrica che i fatti sono questi, e non possiamo cambiarli, risiede nel sesso. Semplificando, ma neanche troppo, i belli e i ricchi scopano, gli altri devono accontentarsi di solitudine e masturbazione (a volte neanche quella). Il progresso è un'illusione. Meglio conservare ma la nostra epoca venera ciò che è nuovo soltanto perché è nuovo. Il dominio della tecnica conduce alla scomparsa di quella che un tempo si chiamava anima e oggi è solo un groviglio di reazioni fisiche del nostro cervello. La religione non ha senso ma sarebbe bello se ce ne fosse una in cui si riuscisse a credere. L'Occidente secolarizzato si dissolverà davanti a popoli più giovani uniti dalla fede, come i musulmani. Ci meritiamo o non ci meritiamo di sparire? Non ha nessuna importanza. Per le strade d'Europa si incontra soltanto gente che vuole gettare via un fardello troppo pesante chiamato libertà. Il multiculturalismo è roba da imbecilli che non si rendono conto di aver creato un supermercato e non una cultura. Oggi il mondo si degusta alla carta. Tutto è disponibile qui e ora: tutti i sapori, tutti i prodotti, tutte le musiche. Questo girovagare goloso tra gli scaffali non è una vittoria sullo sciovinismo. È solo mettere il sigillo dell'ideale alla società delle merci. Il supermercato è il maggior contributo del XX secolo alla civiltà.

Sono idee tragiche ma si possono dire anche con un sorriso beffardo stampato in faccia. Come fa Michel Houellebecq. Certo, leggere lo scrittore francese conduce a una visione del mondo, quella appena esposta, di fronte alla quale c'è solo una decisione da prendere: spararsi un colpo in testa o cambiare strada. Cambiare strada per andare dove? Intanto, per farsi un'idea di quale sia il punto di partenza, oltre ai romanzi e alle poesie di Houellebecq, si può sfogliare il Cahier (La nave di Teseo, pagg. 390, euro 30) di Michel Houellebecq. Non è il nuovo libro dello scrittore francese. È un omaggio che include interviste, saggi di diversi autori e qualche inedito di Houellebecq stesso. C'è anche l'articolo nel quale si dichiara conservatore, finora pubblicato in Italia solo da questo quotidiano. Buttare in politica un autore come Houellebecq è demenziale. Quindi non cominciamo neppure: leggete nel Cahier l'articolo in questione. Non c'è bisogno di dire altro.

Torniamo invece alla decisione da prendere. Lasciarsi sprofondare nel nulla? Oppure? Un «oppure» grande come una casa spunta a sorpresa tra le pagine di Sottomissione, il romanzo uscito per coincidenza nel giorno della strage di Charlie Hebdo, perpetrata da terroristi musulmani. La storia è notissima: l'Europa viene conquistata democraticamente da una versione «borghese» dell'islam. Tra le vittime di quell'attentato c'è l'economista Bernard Maris, amico dello scrittore. Prima di morire, Maris scrive una paginetta su Sottomissione, pubblicata nel Cahier. È l'unico articolo imprescindibile di questo volume, comunque pregevole e di alto livello. Si intitola La conversione di Michel e mette in luce il disperato bisogno (non soddisfatto) di credere in qualcosa, nel cristianesimo o almeno in una versione accomodante, perfino un po' ipocrita, dell'islam. Cosa che fa il protagonista, studioso di Joris-Karl Huysmans: e qui scatta il campanello d'allarme. Il decadente autore di A ritroso fu infatti protagonista di una clamorosa e inaspettata conversione. Il tema torna, ancora più chiaramente, nell'ultima pagina dell'ultimo romanzo di Houellebecq, Serotonina.

Sarà anche pura fiction ma il lettore, specie quello affezionato a questo magnifico scrittore, è chiamato a interrogarsi. Cosa significa «credere» innanzi tutto? È necessariamente un «credere» in Dio o in Allah o in chi volete voi? No. Il senso della vita potrebbe essere il «credere»? Credere in noi stessi, credere alla verità dei nostri sentimenti, credere a quello che facciamo, credere di non essere del tutto inutili, credere negli altri, credere, pateticamente, nell'amore? Scommettere sul positivo, rifiutare di chiudersi nel nichilismo che porta solo a cuori spenti, voci mozzate, esistenze sprecate. Il nichilismo: ovvero il prodotto perfetto, quello che tutti devono acquistare in questa epoca livellatrice, descritta magistralmente da Houellebecq.

La visione «positiva» del mondo viene considerata da molti una sorta di auto-illusione per allontanare gli spettri: la vecchiaia, il declino fisico-mentale, la morte. Per qualcuno sarà così. Per altri no. Certo, la speranza non viene spontanea. Ma quando diciamo «credo» intendiamo sempre «lotto ogni giorno per credere».

Dài Houellebecq, lotta con noi.

Commenti