In antico dialetto bellunese Cencenighe vuol dire «non cè niente». Cencenighe Agordino, millequattrocento anime, a Ovest di Belluno e ai piedi dei 3.220 metri del Monte Civetta. Fino a metà 900 di loro si diceva: «Scendono ad Agordo a chiedere la carità». Sarà per questo che lo precisano subito, Luisa Manfroi e Maria Letizia Mazzarol, volontarie della locale biblioteca comunale: «Noi non chiediamo lelemosina».
Qui, tra le Dolomiti care a Dino Buzzati, cè bisogno di libri. Non che manchi una biblioteca. Cè, anzi, un circuito provinciale di biblioteche che, a quanto ci risulta, funziona bene. Gabriella Faoro, dirigente del Servizio, fornisce tempestivamente i dati. Sul territorio opera una rete di biblioteche locali alle quali vengono forniti un programma di catalogazione dei nuovi acquisti, uno di consulenza per i nuovi bibliotecari e corsi di aggiornamento. A Cencenighe ci sono già 3.200 volumi, di cui 2mila catalogati grazie a un programma fornito dalla Provincia. Luisa e Maria Letizia hanno seguito il corso e gestiscono questa biblioteca. In più esiste la possibilità dell«interprestito»: ciascuno può richiedere un volume esistente in unaltra biblioteca del circuito che gli verrà inviato per posta entro tre o quattro giorni. Lo restituirà nello stesso modo, il tutto a spese dellamministrazione. E allora dove sta il problema?
«I libri sono pochi, il servizio andrebbe potenziato», spiega Maria Letizia. «Guardi le statistiche. Siamo aperti dal 96. Quellanno i prestiti furono una settantina. Nel 2003 sono stati 113, e 156 nel 2004. È incoraggiante, ma a noi sembrano numeri ancora bassi, insufficienti. Siamo convinti che se avessimo più libri, avremmo anche una maggiore circolazione di persone. In questi posti, soprattutto dinverno, non ci sono distrazioni e le comunicazioni sono faticose. E poi gli studenti che hanno bisogno di volumi per la scuola non possono aspettare tre o quattro giorni per riceverli con linterprestito, né possono comprarli tutti».
Una biblioteca più ricca sarebbe anche un luogo più piacevole per incontrarsi. Un punto di riferimento. Lo è già, a dire il vero. La biblioteca ha sede in un edificio, il Nof Filò (che vuol dire «nuovo luogo dincontro») dove la gente si fa viva volentieri per conferenze, feste, congressi, proiezioni di film. E allora perché non metterci anche qualche libro in più? È il principio per cui lofferta crea la domanda. Più libri, più gente che li viene a cercare. O che, trovandoli, si appassiona alla lettura. Il che vale sia per chi abita tutto lanno qui e con il cattivo tempo non desidera affrontare i disagi di continue trasferte a Belluno, o addirittura a Padova, sia per i turisti che destate affollano lAgordino. Un tentativo costa poco o nulla. Lamministrazione pubblica, però, i soldi non li stanzia volentieri. Per loro vale il principio dellinterprestito. E così ai nostri amici finora è toccato arrangiarsi.
Eppure in Italia il sistema librario-editoriale espelle fisiologicamente ogni giorno una gran quantità di volumi in eccesso. Libri che finiscono al macero o, nelle migliori delle ipotesi, sulle bancarelle dellusato. Lappello è di dirottarne quanti più possibile a questa biblioteca periferica, per sostenere lesperimento. È un appello rivolto ai privati e agli editori, grandi e piccoli.
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