Latteri sfida la Borsellino a colpi di Sms

Luca Telese

da Roma

La sfida è già iniziata, a colpi di Sms: Rita Borsellino e Ferdinando Lattèri arrivano al duello per le primarie in modo non del tutto indolore, e in un quadro non ancora chiaro. Nel confronto che deciderà il candidato-presidente siciliano - infatti - manca ancora un tassello fondamentale, dal momento che non è ancora chiaro se i Ds avranno o meno un loro esponente in lizza.
Non è un dettaglio da poco, visto che la candidatura della Borsellino - che con il suo cognome richiama immediatamente alla memoria il magistrato ucciso dalla mafia - era nata proprio per superare l’empasse che divideva la Margherita e la Quercia: da un lato il nome di Claudio Fava (il più votato della coalizione, più di 200mila voti alle europee) dall’altro quello dell’ex rettore dell’università di Catania, Lattèri, recentemente trasmigrato da Forza Italia alla Margherita. Da mesi il centrosinistra incubava questo duello e ne temeva gli esiti, visto che una vittoria (prevedibile) di Fava avrebbe turbato i precari equilibri che tengono insieme le due anime dell’alleanza. E visto che gli esclusi, i due ex sindaci centristi dell’isola - Leoluca Orlando ed Enzo Bianco - avrebbero patito l’affermazione dell’eurodeputato diessino, uomo della sinistra ds, ma anche ex rivale del primo nella Rete, e del secondo nella sfida per il municipio di Catania.
In Sicilia tutto diventa sempre più complesso di quel che è, e il nome della Borsellino era stato fatto per sparigliare le carte e dirimere il contenzioso: un nome indiscutibile, al di «sopra delle parti» (almeno rispetto a queste sfide interne) legato a una premessa dell’interessata nel valutare la candidatura: «Accetto solo a condizione che sul mio nome ci sia l’accordo di tutti e che le primarie siano solo confermative».
Peccato che a sette giorni da questo apparente lieto fine nulla sia andato come doveva: Fava - con un’abile mossa a sorpresa - si è tirato fuori dalla contesa e ha dichiarato: «Io sostengo Rita, qualunque sia la decisione del mio partito» (diventandone di fatto il king maker). Mentre la Margherita si è trovata due volte spiazzata, priva di una iniziativa forte, ed espropriata del potere di nomination.
A questo punto la scelta di Lattèri è diventata un atto di bandiera dovuto, pur di evitare che i centristi siano cancellati in una regione in cui non nascondono il desiderio di affermare il primato sui Ds. E i Ds (parte del partito, quella che fa capo a Mirello Crisafulli, non può soffrire l’eurodeputato) a loro volta vorrebbero scongiurare l’ennesima competizione. Dopo la Puglia e le nazionali per Prodi si troverebbero per la terza volta senza un proprio candidato in lizza. «Se non c’è una candidatura unitaria - spiega infatti Crisafulli - il partito deve averne una propria». Già, ma quale? Se si esclude l’interessato (recentemente passato attraverso le maglie di un processo di mafia) le uniche verosimili sono quelle di Annamaria Finocchiaro e del segretario regionale Angelo Capodicasa. La prima, l’unica forte, dice: «Contro Rita non competo».
Così sembra difficile che i Ds possano correre, e i latteriani giocano d’anticipo affidandosi agli sms: «Con Latteri per vincere e cambiare la Sicilia! Aiutaci. Invia questo messaggio ad altre 10 persone».

Non è detto che basti un sms per sconfiggere il mito di un cognome. E nemmeno che basti la forza di quel cognome per battere il radicamento di Totò Cuffaro. Tant’è che ieri Rutelli in serata diceva: «C’è ancora spazio per un’intesa». Già, ma quale?

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