Lavavetri e rifugiati, non caliamo la guardia

L’immigrazione - clandestina e non soltanto - esercita sulla città una duplice pressione. Da fuori premono i disperati e i clandestini giunti, non si da dove e da quanto, da tutte le terre del disagio. Gli sbarchi nel Sud sono cessati, ma dalle aree degradate della città e dell'hinterland continuano a sbucare ospiti non invitati. La loro ultima tattica è quella di premere in massa, con azione coordinata, per chiedere lo status di rifugiato. Le pratiche relative non possono espletate nel giro di pochi giorni, gli uffici di polizia devono accettare le domande e, in attesa dell'esito, devono concedere permessi temporanei. Gli aspiranti rifugiati, veri o falsi, guadagnano tempo.
Nella città premono altri immigrati, i rom favoriti dalle norme comunitarie, che continuano a spostare i loro campi abusivi lungo un anello di degrado a cui Milano non era abituata. Si calcola - e le cronache confermano questa stima - che dai campi si possano mobilitare migliaia fra mendicanti e lavavetri, ciascuno col posto preassegnato. Nei mesi scorsi sembrava che i volontari dello spazzolone si fossero eclissati, ma adesso sono tornati a riprendere possesso dei loro semafori. Si è abbassata la guardia?
O è scemato l'effetto deterrente dell'ordinanza contro l'accattonaggio molesto? Ieri è passato il «pacchetto sicurezza» che dovrebbe rendere più rapide le espulsioni. Ma le leggi non bastano, occorrono tempie e mezzi per applicarle. Nessuno s'illuda che in rapidamente si possa rimediare ai problemi creati da anni di lassismo, ma nessuno si rassegni.

Il tono civile della città va riconquistato giorno per giorno, con determinazione e senza sbalzi di tensione.
L'Europa assediata non deve cedere, anche per garantire agli immigrati regolari l'accoglienza cui hanno diritto.

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