Un lavoratore su 4 è stressato: da agosto test sui dipendenti

Una nuova legge vincola le aziende a misurare il disagio del personale. Sono i professionisti la categoria più a rischio

Svogliatezza, ansia perenne, malessere diffuso e in alcuni casi, i più gravi, aggressività e stati depressivi. Sono i sintomi più frequenti riscontrati in chi soffre di stress da lavoro. In tempi d’incertezza occupazionale il virus si sta diffondendo come una pandemia, ne è colpito il 27% dei lavoratori, uno su quattro. Gli italiani sono più stressati degli inglesi, tedeschi e francesi. Peggio stanno soltanto i cinesi, ma forse qualche motivo ce l’hanno. Guardando al problema dal puro lato economico il conto che le aziende devono pagare per lo stress subito dai propri dipendenti è salato. Uno studio pubblicato nel 2009 dall’European Heart Journal dimostra che solo il trattamento sanitario del disturbo depressivo collegato allo stress incide direttamente sull’economia europea per 44 miliardi di euro, per una perdita in termini di calo della produttività pari a 77 miliardi. Cifre significative che in Italia hanno portato il legislatore a prendere in seria considerazione il problema, introducendo l’obbligo per tutte le aziende, a partire dal primo agosto di quest’anno, di valutare e misurare al proprio interno il livello di disagio degli occupati. Il tema sarà affrontato durante i tre giorni della Mostra convegno «Progetto Sicurezza» organizzato dall’Aias (Associazione professionale Italiana Ambiente e Sicurezza) con la collaborazione di Inail, da domani al 3 luglio al Palazzo delle Stelline. Al tavolo del seminario il professor Sergio Colombi, psicologo psicoterapeuta, docente a contratto al corso di laurea in psicologia alla facoltà di Pavia, vicepresidente dell’ordine degli psicologi della Lombardia. Esiste un identikit del potenziale stressato? «Burnout: sindrome da stress caratteristica delle organizzazioni di lavoro, colpisce soprattutto gli occupati del terziario più esposti alla relazione con gli altri. Rischiano maggiormente le persone passive, troppo sottomesse, gli yes man, anche coloro che non sanno reagire con la riflessione, ma solo con l'azione. Mentre meno predisposta è la persona che si confronta con gli altri». Al primo posto tra gli stressati d’Italia ci sono i professionisti (40% del totale), seguiti da tecnici (35%) e manager (32%). Il fenomeno è però riscontrabile negli uffici, così come in fabbrica, nei luoghi chiusi, ma anche tra chi svolge la propria attività all’aperto. Per i lavoratori precari il rischio d’essere colpiti da stress è superiore rispetto ad altre categorie. Gli uomini (soprattutto i giovani) si ammalano più facilmente delle donne e le persone più esposte sono gli stakanovisti che dedicano poco tempo a una sana alimentazione, gli insonni e nottambuli (necessario dormire sette-otto ore), chi beve troppi alcolici e trascura le malattie. Per non parlare degli asociali che non condividono l’esperienza lavorativa coi colleghi (li considerano nemici) e non coltivano amicizie. Tra le cause che contribuiscono allo stress da lavoro la sensazione di non ricevere uno stipendio adeguato e, in generale, i giusti riconoscimenti, la necessità di dover lavorare troppo velocemente, la mancanza di occasioni per imparare qualcosa di nuovo. Tra un mese dunque le aziende dovranno munirsi del misuratore di stress. Non si tratta della macchina della verità, ma di un documento con indicati i parametri di valutazione del grado di serenità psicofisica del proprio assunto. Per Giancarlo Bianchi, presidente di Aias «è importante questa valutazione perché situazioni diffuse di malessere in azienda si traducono inevitabilmente in diminuzione delle prestazioni e quindi in diminuzione dell’utile. È strategico quindi comprendere le situazioni di disagio e cercare di eliminarle o di gestirle».
E così rispondendo ad alcuni quesiti e osservando i comportamenti si potrà stabilire se il ragioniere, l’operaio, l’impiegato, il professore sono in piena forma o danno chiari segnali di insofferenza. In tal caso bisognerà andare ai ripari cercando di ricostruire intorno a loro un clima sereno e produttivo. I rimedi possono essere anche sanitari: farmaci e psicoterapia da un lato, lo sport dall’altro. Nelle persone soggette a stress, il livello degli zuccheri nel sangue si alza e diminuisce rapidamente in modo irregolare. Bisogna assumere zuccheri sotto forma di carboidrati complessi, come cereali, riso, pasta, pane e patate.

Gli esperti suggeriscono di evitare troppo caffè, coca cola, lattosio e cioccolato (ma non era un antidepressivo?) mentre la nonna consiglia ginseng e pappa reale. Se poi medico e rimedi fai da te non funzionassero, si può sempre optare per il sistema d’urto. Mettersi nei panni di chi il lavoro non ce l’ha.

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