Tempo dieci anni e in Italia un terzo dei lavoratori avrà più di sessantanni. Lo stesso, dicono le stime, accadrà in Germania. Le aziende però sembrano non accorgersene. Non che letà sia un problema di per sé, ma gestire il personale in relazione ai cambiamenti della società può diventare cruciale per competere sul mercato. È quanto sostiene unindagine condotta da Adecco Institute su 2.500 imprese in 5 Paesi europei (Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna e Spagna), che ha anche misurato il grado di impegno delle aziende in questo ambito: «Molto basso» spiega Wolfgang Clement, ex ministro dellEconomia tedesco e ora presidente dellistituto di ricerca.
Letà dei lavoratori è un problema?
«Lo sarà in futuro, soprattutto per Italia e Germania. Il tasso di natalità è basso, le aspettative di vita elevate: è un grande cambiamento e una grande sfida, per gli Stati e per le imprese».
Le aziende se ne preoccupano?
«La nostra indagine rivela che, in un periodo di crisi economica, le imprese reagiscono sulla base di strategie di breve periodo, anziché pianificare per il futuro».
Come dovrebbero muoversi?
«Abbiamo individuato 5 indicatori fondamentali: gestione delle carriere; apprendimento continuo; gestione delle conoscenze; gestione della salute; gestione della diversità».
E come si comportano le aziende su questi fronti?
«Hanno totalizzato punteggi molto bassi. Con la crisi si impegnano poco, molto meno di prima. Si preoccupano poco, per esempio, della salute dei dipendenti».
Quale di questi 5 aspetti è imprescindibile?
«Lapprendimento continuo e la gestione delle conoscenze. I giovani non possono più pensare di esaurire la formazione solo con la scuola e devono essere pronti a cambiare lavoro: si devono allenare per qualsiasi situazione. E bisogna conoscere le risorse presenti in azienda, chi sa fare che cosa, e che età hanno queste persone, perché siamo di fronte a un grande cambiamento».
È preoccupato?
«Sì. Le aziende non si prendono cura dei dipendenti, che invece sono la risorsa primaria in una competizione globale. Devono imparare a pensare non per la crisi, che durerà un anno o due, ma per il futuro».
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