Paolo Beltramin
Matthias Pfaender
C'è un'Italia che non viene raccontata, perché preferisce lavorare invece che gridare; un'Italia che legge della crisi sui giornali e poi torna in azienda a selezionare curriculum; un'Italia che crede di poter uscire dalla congiuntura più forte di prima, e punta sul futuro assumendo. L'abbiamo contattata, abbiamo sentito le sue ragioni, ci siamo fatti raccontare come si affronta il rallentamento dei mercati continuando a produrre, a espandersi; nonostante la crisi e a volte proprio in virtù della crisi, che apre possibilità di sfruttare mercati prima congestionati. E a quest'Italia, abbiamo domandato di chi ha bisogno. Di che caratteristiche cerca nei lavoratori del futuro.
Agenzie di «cacciatori di teste», grandi gruppi di selezione del personale, marchi storici del «made in Italy» e società tecnologiche. Ci hanno detto su chi puntano, ci hanno detto che cosa offrono. Ne abbiamo ricavato mille «posti d'oro». Mille posizioni lavorative sia per neo laureati sia per esperti con diversi anni in ditta alle spalle. Mille posti da quarantamila euro all'anno in su, mille posti pronti ora e subito. Nel bel mezzo della crisi.
Ma che grandi gruppi stiano avviando operazioni massicce di riorganizzazione interna non deve stupire troppo. Quando non c'è lavoro, di solito si opera a fare in modo che ce ne sia di più in futuro. E del resto, su come il mercato del lavoro italiano stia subendo la crisi finanziaria ben pochi possono dire di avere le idee chiare. Certamente la situazione italiana è molto differente da quelle di Usa, Giappone e Inghilterra, tre Paesi le cui economia sono state invece flagellate dalla crisi. Ma, senza sottovalutare le reali conseguenze della stagnazione economica qui da noi, evidentemente l'eco degli avvenimenti oltreoceano ha reso ipersensibili gli italiani.
Basta guardare il balletto estenuante di annunci e smentite degli ultimi mesi. La scorsa settimana l'Inps annunciava un boom della cassa integrazione a dicembre: complessivamente più 110,28% rispetto al 2007, con la cassa integrazione ordinaria che da sola segna aumenti del 525,82%. Molti hanno commentato la notizia come «l'inizio della fine». Ma: nello stesso periodo la cassa integrazione straordinaria, quella davvero preoccupante (spesso legata a importanti processi di ristrutturazione interna delle aziende) è diminuita dell'11,61%; e il ministro del Lavoro Sacconi commenta che i dati come «incoraggianti». Venerdì scorso Confindustria annuncia che la disoccupazione nel 2009 toccherà una fase critica: «Balzerà all'8,4%».
Il grido di un Paese destinato alla miseria si è subito levato da più parti.
Ma: nel terzo trimestre del 2008 (dati Istat) l'occupazione ha segnato lo 0,4% in più, e da ottobre a dicembre 2008 il 55% delle aziende con più di 250 dipendenti non ha licenziato, il 27% ha incrementato le proprie forze lavoro. Alcune continuano a farlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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