A ottobre il governo può rivendicare un doppio risultato che tiene insieme occupazione record e pressioni sui prezzi sotto controllo. Il mercato del lavoro segna un nuovo massimo storico: il tasso di occupazione si attesta al 62,7%, il livello più alto dall’inizio delle serie storiche Istat, partite a gennaio 2004. In termini assoluti gli occupati arrivano a 24 milioni 208mila unità, fotografando un Paese in cui il numero di persone al lavoro non è mai stato così elevato da quando l’Istituto misura questi dati con le attuali modalità.
Il segnale per l'esecutivo
Per l’esecutivo si tratta di un segnale politico ed economico di grande rilievo: un mercato del lavoro più dinamico rafforza la narrazione di un governo che punta sulla crescita, sull’impiego e sulla stabilità sociale. Il record storico dell’occupazione diventa così il tassello centrale di un quadro che l’esecutivo può presentare come il risultato di una strategia orientata a sostenere imprese, investimenti e capacità produttiva del sistema Paese.
L'andamento dei prezzi e la componente energetica
Sul fronte dei prezzi, i dati Istat sui listini alla produzione dell’industria per ottobre delineano uno scenario in cui l’inflazione a monte delle filiere resta molto contenuta. I prezzi alla produzione dell’industria diminuiscono dello 0,2% su base mensile e aumentano appena dello 0,1% su base annua, in netta decelerazione rispetto al +1,1% di settembre. È un contesto che il governo può leggere come favorevole: più occupazione, ma senza il rischio immediato di nuove fiammate sui prezzi industriali. L’Istat spiega che questa dinamica è principalmente determinata dai ribassi della componente energetica.
Al netto dell’energia, infatti, i prezzi mostrano un lieve incremento su base mensile (+0,1%) e una crescita tendenziale pari a +0,7%. In altri termini, l’industria continua a muoversi e a trasferire a listino solo aumenti molto moderati, mentre il raffreddamento dell’energia contribuisce ad alleggerire il carico sui costi di produzione. Anche questo aspetto va nella direzione auspicata dall’esecutivo, che punta da tempo sulla riduzione del “caro energia” come leva per la competitività.
Il comparto delle costruzioni
Nel comparto delle costruzioni il quadro è analogo: i prezzi alla produzione per edifici residenziali e non residenziali diminuiscono dello 0,2% su base mensile e crescono dell’1,6% su base annua, in rallentamento rispetto al +1,9% di settembre. Per strade e ferrovie, un settore chiave per i cantieri e le infrastrutture strategiche, i prezzi diminuiscono dello 0,1% in termini congiunturali, mentre crescono dello 0,4% su base annua, dal +0,6% del mese precedente. Per il governo, che ha puntato molto sugli investimenti pubblici e sulle opere, una dinamica dei costi più moderata rappresenta un elemento positivo nella gestione delle grandi progettualità.
Le attività manifatturiere
Guardando alle attività manifatturiere, i dati segnalano come alcune filiere strategiche restino in crescita. Sul mercato interno gli incrementi tendenziali maggiori riguardano i prodotti farmaceutici di base e i preparati farmaceutici (+2,4%), la metallurgia e la fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti, e le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (per entrambi +1,8%). Sui mercati esteri, per l’area euro, spiccano i mezzi di trasporto (+5,0%) e le industrie alimentari, bevande e tabacco (+4,2%), mentre per l’area non euro risaltano le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (+4,8%). Il governo può richiamare questi numeri per sottolineare come il tessuto produttivo resti vivace, soprattutto in comparti di punta dell’export italiano.
Il mercato interno
Sul versante opposto, ampi cali tendenziali su tutti i mercati si registrano per coke e prodotti petroliferi raffinati (-3,1% sul mercato interno, -9,3% nell’area euro, -7,9% nell’area non euro).
Sul mercato interno, inoltre, i prezzi della fornitura di energia elettrica e gas tornano a diminuire su base annua (-1,0%) dopo quasi un anno di variazioni tendenziali positive. È un dato che l’esecutivo può rivendicare come coerente con l’azione di contenimento dei costi energetici e di tutela del potere d’acquisto di imprese e famiglie.