
La riforma delle professioni approvata dal Consiglio dei ministri non poteva non toccare una delle categorie più numerose e simboliche: quella degli avvocati. Dopo il Dpr 137 del 2012, che aveva ridisegnato in maniera organica l’ordinamento delle professioni, il mondo forense si ritrova oggi davanti a una nuova fase di rinnovamento. Una fase che, almeno nelle intenzioni del Governo, punta a modernizzare la figura dell’avvocato, semplificare la macchina burocratica che ne accompagna l’attività e rafforzarne la formazione per rispondere alle sfide di una giustizia sempre più digitalizzata e complessa.
Formazione e aggiornamento professionale
Il cuore della riforma riguarda proprio la formazione e l’aggiornamento professionale. L’avvocato del futuro non potrà più limitarsi a padroneggiare i codici: dovrà avere competenze più trasversali, che spaziano dal diritto delle nuove tecnologie alla consulenza in materia di privacy, intelligenza artificiale e internazionalizzazione delle imprese. I percorsi universitari e i tirocini saranno dunque riorientati, con un maggiore raccordo tra università e ordini professionali, e con una pratica forense che non si riduca a un adempimento formale, ma diventi realmente formativa.
Gli adempimenti
Accanto alla formazione, la riforma punta alla semplificazione degli adempimenti. La vita di uno studio legale, soprattutto di piccole dimensioni, è oggi gravata da una mole notevole di obblighi burocratici, dalle comunicazioni agli enti di previdenza fino alla gestione delle procedure di iscrizione e aggiornamento. L’intervento del Governo mira a ridurre questi passaggi, digitalizzando i flussi e rendendo più snelle le procedure, così da liberare tempo e risorse da dedicare al lavoro vero e proprio. Non si tratta di un dettaglio: in un settore dove oltre la metà degli iscritti lavora come singolo professionista, meno burocrazia significa più efficienza e maggiore competitività.
La definizione delle competenze
Un punto delicato riguarda la definizione delle competenze. Il testo non introduce nuove riserve di attività, ma chiarisce i confini tra l’avvocatura e le altre figure giuridiche, come consulenti e praticanti.
L’obiettivo è ridurre i contenziosi tra categorie e dare certezza a cittadini e imprese su chi fa cosa. In un Paese con circa 240mila avvocati iscritti agli albi, la chiarezza normativa diventa essenziale per garantire una giustizia più rapida e un mercato dei servizi legali più trasparente.