Lazio, riclassificato il rischio sismico

ROMA È SICURA La capitale può essere interessata solo da eventi indiretti. La possibilità di lesioni dipende dagli edifici e può variare da quartiere a quartiere

Ma è vero che Roma, per quanto riguarda i terremoti, non corre alcun rischio? In quanti si saranno fatti questa domanda svegliandosi nel cuore della notte a causa delle scosse del terremoto dell’Aquila del 6 aprile, avvertite perfettamente anche nella Capitale? Stando agli esperti una cosa è sicura: è da escludere che la città di Roma possa venire a trovarsi in zona epicentrale. Come ormai è noto da tempo e secondo gli esperti, la pericolosità sismica di Roma deriva da zone sismogenetiche poste al di fuori della città, siano esse relativamente vicine, come i Colli Albani, o lontane come quelle appenniniche. Diverso è però il discorso relativo ai possibili danni provocati in città dai terremoti con epicentro in zone lontane.
Ne sono sicuri i tecnici dell’Enea, che nei primi mesi del 2008 hanno terminato uno studio multidisciplinare realizzato nell’ambito di una convenzione firmata con la Regione Lazio, e divenuta operativa nel dicembre del 2006, i cui risultati scientifici sono stati presentati nel mese di ottobre dello stesso anno a Pechino, alla XIV Conferenza mondiale di Ingegneria sismica. Lo studio è stato condotto da un «team» di ingegneri, geologi, fisici, esperti di statistica e di analisi storico-ambientali, che hanno messo a punto una nuova metodologia per la classificazione sismica del territorio regionale.
«Nello studio - spiega Guido Martini geologo del Dipartimento ambiente, cambiamenti globali e sviluppo sostenibile, Sezione prevenzione rischi naturali e mitigazione effetti dell’Enea - abbiamo deciso di analizzare il rischio sismico della città di Roma considerata non come unità amministrativa unica, ma classificandone dettagliatamente tutto il territorio comunale adottando i confini amministrativi dei 19 municipi».
Lo studio, come tengono a sottolineare i tecnici che vi hanno lavorato, non è figlio del terremoto de L’Aquila, ma deriva da una filosofia di prevenzione in campo sismico che la Regione Lazio sta mettendo in pratica da molti anni. Infatti, la ricerca sul rischio sismico non riguarda solo il comune di Roma, ma tutto il territorio regionale.
Relativamente alla città eterna, secondo la nuova riclassificazione di rischio sismico i danneggiamenti a Roma dipendono molto, oltre che dalla vulnerabilità degli edifici e dalle caratteristiche sismologiche degli eventi, dalla geologia e morfologia locale che può determinare fenomeni di amplificazione sismica. Una situazione, spiega Martini, che emerse già in passato, ad esempio con il terremoto di Avezzano del 1915; in quell’occasione i danni in città si concentrarono lungo l’alveo del fiume Tevere evidenziando l’influenza dei depositi sedimentari. Ma effetti di questo tipo possono essere valutati solo attraverso dettagliate analisi di microzonazione sismica. Per capire le ragioni che sono alla base della convenzione Regione Lazio-Enea, per l’analisi della sismicità regionale ai fini dell’individuazione di classi di Comuni con situazioni omogenee di scuotibilità in occasione di eventi sismici, bisogna ricordare il quadro normativo nell’ambito del quale è maturata: dal 1998, secondo il Decreto Legislativo 112/98, fu delegata alle regioni l’individuazione delle zone sismiche presenti nei rispettivi territori. Cinque anni dopo, nel 2003, in ottemperanza a quanto disposto dall’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274/03, la Regione Lazio ha proceduto alla riclassificazione sismica del suo territorio con la Delibera di Giunta regionale n. 766/03.

Attualmente, la nuova delibera di Giunta regionale, che riclassifica il territorio è in via di consultazione nel comitato Regione-Amministrazioni locali, dopo di chè arriverà alla Giunta regionale per la deliberazione per sostituire la precedente Dgr 766/03.

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