Laziogate: il Pm chiede 2 anni di reclusione per Storace

Due anni di reclusione per Francesco Storace e condanne per altre sette persone sono state chieste ieri dal pubblico ministero Francesco Ciardi, al termine della sua requisitoria, nel processo Laziogate, la vicenda che vede coinvolto l’allora presidente della Regione in merito ad alcune intrusioni abusive all’interno dell’anagrafe di Roma.
Il pm ha chiesto la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per l’allora portavoce di Storace, Nicolò Accame, tre anni per Mirko Maceri ex direttore tecnico della società Laziomatica, due anni e 2 mesi per l’investigatore privato Pierpaolo Pasqua mentre per Vincenzo Piso, all’epoca dei fatti vicepresidente del consiglio comunale, il magistrato ha chiesto l’assoluzione «perché il fatto non sussiste».
Condanna a due anni proposta, invece, per Tiziana Perreca, Nicola Santoro e Romolo Reboa mentre per Daniele Caliciotti è stato chiesto un anno di reclusione. I reati contestati agli imputati vanno, a vario titolo, dall’accesso abusivo a sistema informatico, alla violazione della legge sulla privacy e al favoreggiamento. L’accusa è quella di interferenza nel corretto svolgimento delle elezioni regionali del 2005, ostacolando la lista Alternativa Sociale capeggiata da Alessandra Mussolini.
Secondo l’impianto accusatorio Storace avrebbe chiesto ai suoi tecnici di introdursi il 9 marzo 2005 all’interno dell’anagrafe per verificare l’esistenza di eventuali firme false prodotte per presentare la lista della Mussolini.
«Voglio fare i miei complimenti al pubblico ministero Francesco Ciardi - commenta l’attuale leader de La Destra Francesco Storace -. Costui, dopo avermi fatto dimettere da ministro per l’accusa di spionaggio poi crollata in istruttoria, non contento, ha chiesto la mia condanna a due anni di galera dopo cinque anni di inchiesta e processo Laziogate senza esibire lo straccio di una prova in aula sul mio coinvolgimento».

«È la giustizia italiana, quella che vede alla sbarra chi ha consegnato nel 2005 alla Procura della Repubblica la prova che alle Regionali c’erano firme false - conclude -. L’indignazione è al massimo: il danneggiato deve andare in galera, davvero viene voglia di mollare tutto e cambiare Paese».

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