Lefebvriani, in Vaticano prima riunione verso la riconciliazione

I temi in esame: i riti liturgici e la cancellazione delle scomuniche

da Roma

Si riuniscono questa mattina nel palazzo apostolico i trenta capi dicastero della Curia romana chiamati da Papa Benedetto XVI a discutere della possibile riconciliazione con i lefebvriani. L’incontro, del quale Il Giornale ha rivelato l’esistenza dieci giorni fa, avrà inizio alle 10.30 e durerà un paio d’ore. Ma questo incontro non esaurirà l’argomento. Secondo alcune autorevoli indiscrezioni, i cardinali e gli arcivescovi che guidano i «ministeri» della Santa sede si riuniranno nuovamente dopo poco più di un mese, il 23 marzo, sempre per discutere dello stesso tema, vale a dire la possibilità di togliere le scomuniche ai quattro vescovi consacrati da monsignor Lefebvre nel 1988 senza il permesso di Roma e valutare la possibilità di facilitare l’uso del messale preconciliare.
La seconda riunione, a distanza di poche settimane, rappresenta una novità in Vaticano e sta a indicare che il Papa intende ascoltare e valorizzare il lavoro dei suoi collaboratori della Curia, proprio come faceva quando guidava la Congregazione per la dottrina della fede, anche se, ovviamente l’ultima decisione spetta sempre a lui. Nella riunione di questa mattina sono previsti due interventi che introdurranno l’argomento. Il primo è quello del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione del culto divino, che presenterà pro e contro sull’ipotesi di liberalizzare il vecchio messale o comunque concedere un suo utilizzo più largo in modo che i sacerdoti e i fedeli che lo chiedono non debbano scontrarsi con il rifiuto dei vescovi diocesani. Da quanto apprende Il Giornale, questa è la linea della relazione di Arinze: la liberalizzazione non è possibile, mentre si ritiene necessario qualche «strumento» – non meglio precisato – per venire incontro alla richiesta dei fedeli nostalgici. Si pensa a un nuovo indulto, o a una lettera della Santa sede, che ripeta esplicitamente ai vescovi l’appello già lanciato a suo tempo da Giovanni Paolo II, che invitava a essere «generosi» verso i tradizionalisti. Potrebbe essere posta come condizione che i sacerdoti che useranno il vecchio rito partecipino almeno alla concelebrazione del Giovedì santo con il loro vescovo.
L’altro grande argomento, è quello relativo alle scomuniche e al possibile accordo con la Fraternità San Pio X, fondata da Marcel Lefebvre: su questo interverrà il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione del clero. Durante l’udienza dello scorso agosto a Castelgandolfo, il responsabile della fraternità, il vescovo Bernard Fellay, ha chiesto a Benedetto XVI che le scomuniche venissero fatte cadere «come fece Paolo VI cancellando quelle comminate agli ortodossi in occasione dello scisma d’Oriente».

L’orientamento su questo punto sembra essere quello di acconsentire, ma a determinate condizioni: la prima è l’accettazione del Concilio Vaticano II, la seconda è l’obbedienza al Papa, la terza è la dichiarazione della validità della messa postconciliare. Per quanto riguarda la struttura giuridica che assumerebbe la fraternità rientrando nella piena comunione con Roma, restano ancora aperte due possibili soluzioni: amministrazione apostolica o prelatura personale.

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