La Lega: «Chi vuole il dialogo è un terrorista»

E il segretario ligure Bruzzone promette: «A Cornigliano nessuna moschea»

La Lega: «Chi vuole il dialogo è un terrorista»

Paolo Bertuccio

Umberto Bossi era a dieci chilometri in linea d’aria, per un fine settimana di riposo all’Alpe di Vobbia. Loro, il popolo delle camicie verdi, i duri e puri che domenica sera si sono riuniti ai giardini della Tavola Bronzea di Serra Riccò per la «Festa della Libertà», fino all’ultimo hanno sperato di vederlo spuntare, poi si sono rassegnati a suddividere equamente le energie fra mazurche, salamelle e politica.
Nessuna conferma ufficiale è arrivata dal palco dei comizi, tantomeno s’è avverata l’affascinante ipotesi di un saluto telefonico del Senatùr ai leghisti genovesi. L’attenzione è stata così catalizzata, come previsto, dall’atteso ospite. Se da parte dell’europarlamentare del Carroccio Matteo Salvini ci si poteva aspettare un intervento incentrato sulla recente polemica contro il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a Bruxelles, è vero che la strage di Londra ha portato la Lega Nord a tornare sulle barricate contro Islam e immigrazione. E Salvini non si è certo risparmiato, esprimendosi innanzitutto a favore della proposta del ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, di istituire un ministero per la lotta al terrorismo, proposta peraltro rigettata da tutte le parti politiche compresi alcuni esponenti leghisti. «Siamo in guerra, ormai è chiaro. E allora non ci vuole uno scienziato per capire che bisogna prendere provvedimenti. Sì ad un ministero, o ad una Procura speciale, o a qualunque provvedimento per difenderci dai terroristi».
Il problema islamico era stato introdotto poco prima dal segretario ligure Francesco Bruzzone, che aveva ribadito l’impegno del partito ad impedire la costruzione della famigerata moschea di Cornigliano. Salvini ha preso la palla al balzo: «A Milano una moschea c’è già, è quella di viale Jenner. Ebbene, la magistratura ha provato che da lì sono passati numerosi esponenti del terrorismo internazionale. Le istituzioni dovrebbero intervenire, perché in quelli che dovrebbero essere luoghi di preghiera si riuniscono pericolosi delinquenti. E invece qui a Genova cosa fanno? Premono per aprirne una nuova. Allora la gente si sente abbandonata, scende in strada per protestare, per reclamare legittimamente l’ordine e trova sulla strada un manipolo di ragazzotti, che si autodefiniscono pacifisti, e viene aggredita ed insultata». Il riferimento è alla manifestazione di Sampierdarena, e alle tensioni fra militanti leghisti ed esponenti dei centri sociali.
Qualche accenno anche ai problemi europei, come il faticoso cammino referendario della Costituzione, ma sono le faccende interne quelle che sembrano stare più a cuore in questo momento al Carroccio. Bruzzone si era scagliato contro la politica sociale delle istituzioni locali, basata «sull’assurdo principio di integrare culture e mentalità diverse allo scopo di creare una nuova identità ligure di cui non abbiamo bisogno, quella vecchia va benissimo e non intendiamo certo perderla».
Salvini, riferendosi anche agli attentati di Londra, ha rincarato la dose, con il suo noto stile barricadero: «Per tutti è venuta l’ora di schierarsi, di prendere una posizione chiara come quella che noi abbiamo sempre avuto e che ci è costata vent’anni di insulti. Chi tace ha le stesse responsabilità di chi mette le bombe. Chi chiude un occhio, chi dice che siamo tutti fratelli, che dobbiamo dialogare, integrare, aiutare è sullo stesso livello di un terrorista». L’appello è a non porgere l’altra guancia: «Il terrorista, almeno, un’idea sua ce l’ha, per quanto folle questa possa essere.

Fesso è chi permette che qualcuno entri in casa sua a fare i comodi suoi e poi gli offre pure un caffè. Fesso non è lo zingaro, il clandestino, il dinamitardo: fessi siamo noi». Applausi e, come di consueto, auguri al Senatùr convalescente. Così vicino, per una volta anche fisicamente.

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