Roma Da diversi anni Brescello, nella piddissima Emilia-Romagna, non è più il paese di Peppone e Don Camillo ma di ben altri «don», armati e con origini calabresi. La ’ndrangheta fa ottimi affari in tutta la regione rossa, e quando serve minaccia. È capitato a Catia Silva, segretaria cittadina della Lega Nord, e continua a capitarle, più o meno nell’indifferenza delle democratiche istituzioni locali. Facile immaginare che reazione possa avere la leghista quando si accusa il suo partito, come ha fatto Saviano, di «interloquire con la ’ndrangheta». «L’effetto? Mi viene da vomitare, ecco l’effetto. Sono ancora incazzata nera».
Ci spieghi come le cosche calabresi, attivissime in Emilia-Romagna, hanno interloquito con lei.
«Glielo dico subito. Una domenica mi avvicina nella piazza di Brescello il figlio di un boss della più grande cosca locale. Mi dice, testuale: “Ti metto la canna della rivoltella in bocca. E non sarà di certo tuo figlio a difenderti”. Mio figlio è carabiniere».
Perché ce l’hanno con lei?
«Perché la Lega, che a Brescello io e altri militanti rappresentiamo come volontari senza compenso, è da dieci anni che denuncia le collusioni e le infiltrazioni mafiose nella nostra zona. Ma la sinistra ci ha descritto come pazzi che infangano la reputazione del paese».
Ma il Comune le ha dato solidarietà?
«Solidarietà formale per le minacce, ma ricordo bene cosa ha fatto il sindaco (del Pd, ndr) quando abbiamo raccontato gli affari della ’ndrangheta qui. Organizzò un’assemblea pubblica per dire che era tutto falso, che la ’ndrangheta qui non c’è e che la Lega diffonde allarmi solo per farsi pubblicità».
Ma le cosche interloquiscono con il Pd in Emilia-Romagna?
«La ’ndrangheta è interessata agli appalti e quindi cerca chi ha potere politico, e in Emilia Romagna sappiamo bene chi ce l’ha... C’è chi fa compromessi con gente poco pulita. Mi hanno detto che io con i miei metodi non vincerò mai le elezioni, ma io sono orgogliosa di perdere se vuol dire essere onesti».
La provincia di Reggio Emilia è una delle più infiltrate dalla criminalità organizzata.
«Nelle ultime amministrative in alcune liste c’erano parenti di personaggi noti... Invito Saviano in queste zone per vedere cosa succede. La gente qui ha aperto gli occhi, è arrabbiata, vede certi personaggi che passano le giornate al bar e poi girano coi macchinoni. Il presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia, Enrico Bini, lo ha detto: negli anni Duemila la criminalità organizzata in Emilia è esplosa. Ed è così».
Ha subito altre minacce recentemente?
«Sono cose all’ordine del giorno. Mi fanno il segno di tagliarmi la gola. Mi insultano, mi mettono nella cassetta della posta lettere con una bara e una croce. Oppure mi invitano “per il mio bene” a dire che le nostre denunce non sono vere. Anche i miei militanti rischiano».
Anche loro minacciati?
«Una giovane è stata aggredita con un cric della macchina sotto casa. Si è salvata solo perché ha gridato e ha attirato l’attenzione».
Ma non avete paura?
«No, perché crediamo in qualche cosa. Vogliono pestarmi? Bene, qualcuno ne pagherà le conseguenze, vorrà dire che chi doveva fare non ha fatto».
Non ha pensato di chiedere una scorta?
«Ma chi? Ma per favore... La mia scorta sono i miei militanti e i nostri grandi segretari Gabriele Fossa e Angelo Alessandri».
Lei domani sarà a Milano per il grande convegno della Lega sull’impegno antimafia del Carroccio, con Maroni, Alessandri, Borghezio e altri testimoni.
«Una cosa sacrosanta dopo le infamie che ci hanno tirato addosso. Venite, ne sentirete delle belle...».
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