La Lega scarica Lassini e la Moratti chiude il caso: «Ho le sue dimissioni»

«Lassini non deve entrare in aula, se viene eletto deve dimettersi un secondo dopo». Il capolista della Lega Matteo Salvini rafforza il diktat di Letizia Moratti. Il sindaco ieri ha dichiarato «veramente e ampiamente chiuso» il caso del candidato del Pdl al centro della bufera per i manifesti anti-pm. «Sia io che il partito abbiamo copia della sua lettera di rinuncia irrevocabile alla candidatura, per il Viminale equivale a una non candidatura anche se non può più essere tolto dalle liste». E l’interessato ribadisce che «le mie dimissioni ci sono, non è colpa mia se non posso essere cancellato. Chi vuole votarmi metta semplicemente la croce sul nome Moratti». Ma tecnicamente i milanesi potranno votarlo: e se le preferenze saranno (come non è affatto improbabile) una valanga? Il sottosegretario Daniela Santanchèattacca il sindaco e ricorda che «i milanesi sono capaci di intendere e volere. Lasciamo giudicare agli elettori, una censura dall’alto è molto poco democratica».
Il segretario provinciale del Carroccio Iezzi insiste invece: «Le stupidate in politica si pagano.

Siamo fiero della linea tenuta dalla Moratti, al contrario di Pisapia che dimostra come a sinistra valga ancora la doppia morale. Il suo alleato radicale Cappato ha detto cose gravissime contro il presidente del tribunale ma non gli ha chiesto le dimissioni».

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