La Lega stona e non canta Fratelli d’Italia

Cappuccini, brioches e spremute d’arancia al momento dei Fratelli d’Italia. Un cenno di Renzo Bossi che per la prima volta esibisce la spilla del «Trota» e i leghisti, consiglieri e assessori, lasciano il consiglio regionale dove, prima della seduta, si suona l’inno d’Italia. Come previsto da un’apposita legge votata dall’aula. Unica eccezione il presidente Davide Boni con il cravattone verde e le braccia incrociate. Nessun dissenso, ma solo ragioni istituzionali. «Idealmente - ci tiene a precisare - ero con il mio gruppo. Questa cosa non l’ho proprio sentita. Un livello di demagogia senza precedenti, anche perché il sentimento di appartenenza all’Italia non avviene per imposizione». E poi ne approfitta per l’ennesima stilettata al governatore Roberto Formigoni. «La positività che registro - sprizza veleno - è che Formigoni sarà in aula da qui a tutto il 2011 vista l’euforia con cui ha salutato l’iniziativa di far suonare l’inno, non vorrà perdersene uno». Secca la replica del governatore che per festeggiare l’Unità esibisce apposita spilletta. «Settanta secondi di inno di Mameli - taglia corto - non fanno male a nessuno, sono un simbolo importante di quello che siamo». E, pur non volendo far polemica con l’alleato, sottolinea che «da lombardi partecipiamo alla festa del Tricolore perché la Lombardia ha avuto una parte molto grande nella costruzione dell’Unità d’Italia, ha dato un contributo di sangue e di ideali e oggi il nostro contributo è economico». Durissimo, invece, l’intervento dell’assessore e coordinatore provinciale del Pdl Romano La Russa con la bandiera italiana infilata nel taschino della giacca: «Chi non rende onore alla propria bandiera, al proprio inno e alla Patria non può che essere definito vigliacco e la sua esistenza meschina». Pronto a sbottare anche il consigliere pdl Vittorio Pesato: «La Lega sbaglia: chi non canta l’inno di Mameli è un clandestino perché favorisce il principio di clandestinità di coloro i quali vivono senza Patria e senza identità». Di «gesti demagogici e irresponsabili», parla il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. «Ha sbagliato la Lega - attacca il vice presidente Filippo Penati (Pd) - a trasformare ancora una volta un momento emozionante in strumento di polemica». Per Roberto Alboni, vicepresidente del gruppo pdl in consiglio, «iniziare i lavori con il canto degli italiani è stata un’emozione particolare. L’assenza della Lega? Meglio questo loro atteggiamento che le goliardate».
«Noi festeggeremo quando saremo liberi, col federalismo si potrà riparlarne», ha tagliato corto il capogruppo della Lega, Stefano Galli. Critico da Roma il protavoce dell’Idv, Leoluca Orlando: «Se questi consiglieri non si sentono italiani, si dimettano». «Io rispondo solo agli elettori della Lega, degli altri non mi interessa», ha replicato seccamente il capogruppo Galli prima di rituffarsi nei lavori d’aula, dove Bossi Jr non ha voluto nemmeno parlare, concedendo solo un sorriso per le polemiche: «Davvero ci sono state?».

Ma la legge lombarda per il centocinquantesimo anniversario, approvata con i voti di tutti i partiti tranne la Lega, impone che da oggi per tutto il 2011 l’inno di Mameli risuoni prima dell’inizio di ogni seduta di consiglio. Il copione, dunque, è probabile che si ripeta ogni martedì.

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