La Lega dopo le urne trionfa anche nel pallone

Elezioni europee? Vinte, addirittura con il record storico di consensi, il 10,2 per cento. Elezioni amministrative e ballottaggi? Vinti, con sindaci e presidenti di Provincia leghisti come se piovesse. Referendum? Vinti, con la scelta del non voto e la percentuale di affluenza ai seggi più bassa della storia d’Italia. Campionato del mondo di calcio delle nazioni non riconosciute? Vinto pure quello.
Insomma, è proprio l’anno della Lega. Il Carroccio non riesce a farsi andare male nulla. E la finalissima del mondiale di calcio per nazioni non riconosciute, vinta ieri pomeriggio al Bentegodi di Verona dalla nazionale della Padania che ha battuto 2-0 il Kurdistan, con gol di D’Alessandro e Casse - per la gioia dei mille tifosi guidati da Umberto Bossi, Roberto Calderoli e dal sindaco di Verona Flavio Tosi - è solo l’ultimo tassello dell’anno straordinario della Lega.
Avete presente gli azzurri di Lippi che alla Confederations Cup riescono a prendere un gol dagli Stati Uniti, poi vincono grazie alla superiorità numerica, quindi perdono con l’Egitto e infine sono massacrati dal Brasile? Dimenticateli. Avete presente gli azzurrini di Casiraghi che, nonostante creino tantissime occasioni da rete, si imbattono in un fenomenale portiere tedesco e non arrivano in finale del campionato di categoria? Dimenticate pure loro.
Cancellate gli azzurri e metteteci i verdi. E non è una sfumatura cromatica. Necessaria e sufficiente a far cambiare la storia. Perché la Nazionale della Padania è stata un rullo compressore: prima 1-0 all’Occitania sul campo di Novara, con rete di Gianpietro Piovani, uno che ha giocato in serie A e B per una vita, sempre al Nord o al Centro, con un’incursione insulare a Cagliari, ma i sardi sono da sempre indipendentisti, quindi il curriculum è perfetto. Nel frattempo, dopo gli occitani, cadevano una dopo l’altra la Provenza e Gozo (si tratta di un’isola di Malta) e la Padania spezzava le reni una prima volta al Kurdistan a Brescia, con un 2-1 suggellato dal rigore decisivo di Maurizio Ganz.
E qui siamo al trionfo linguistico-geografico della padanità applicata al calcio. Trattasi proprio del Ganz che «el segna semper lu» del secondo anello interista di San Siro, lo striscione di dieci metri di carta, dipinto a pennarello di nero e azzurro che ha accompagnato i gol del bomber interista per anni. Dialetto e padanità, perfetto per la Lega. E, del resto, è proprio tutta la carriera calcistica di Ganz a testimoniare in questo senso: Sampdoria, Monza, Parma, Brescia, Atalanta, Inter, Milan, Venezia, Fiorentina, Ancona, Modena, Lugano e Pro Vercelli. Con la ciliegina sulla torta ticinese, il resto sembra quasi un riassunto della presenza leghista. Per di più ora che può contare sul deputato marchigiano e sull’europarlamentare toscano. El vota semper lu, verrebbe da dire.
La semifinale a Varese è stata quasi una passeggiata di salute con il 4-0 alla Lapponia, su su fino alla finalissima di Verona. Tutte le volte sempre davanti a Bossi che, per il primo incontro ha anche rinunciato al tradizionale lunedì di Arcore e ai festeggiamenti per i ballottaggi: «Questa sera è più importante la partita della Padania».
Ci ironizzeranno sopra, come hanno sempre ironizzato su ogni iniziativa leghista, dal sindacato padano che proponeva le gabbie salariali già quindici anni fa, in giù. Eppure, la vittoria della nazionale padana è l’ennesimo segnale di come Umberto Bossi stia diventando una sorta di novello re Mida: stavolta, ad esempio, è riuscito a far trionfare anche suo figlio Renzo. Che, usiamo un eufemismo, in passato non si era segnalato per un cursus honorum scolastico degno di Pico della Mirandola.
E invece la vittoria della Padania è stata anche la vittoria di Renzo, team manager della nazionale verde che in questa veste aveva esordito anche sul palco di Pontida.

E l’ex «delfino» di papà, poi retrocesso a «trota», quindi ripromosso a «salmoncino», si è preso la rivincita. Il prossimo sogno di papà Umberto, ormai inequivocabilmente «squalo»? Superare la «sogliola» del 12 per cento.

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