Legalità e sicurezza, ecco come la casbah è diventata chic

nostro inviato a Mazara del Vallo (Tp)

La scommessa di Mazara del Vallo è una casbah che non fa più paura. Il mare, le barche, il porto, le case. Il Maghreb è dall’altra parte, qui lo senti ogni volta che arriva lo scirocco. Ed è come vivere sulla stessa terra, vista da due finestre diverse. Qui i maghrebini sono arrivati da sempre, ma prima erano solo stranieri. Ora, regolari, da italiani, stanno ridando un’anima ai vecchi vicoli abbandonati, alla rocca, alla città vecchia. L’idea è venuta al sindaco una notte di primavera in un ristorante a pochi passi dalla città vecchia, lì dove nessuno voleva passare. «Tutti facevano giri infiniti piuttosto che attraversare il centro. Eppure nelle città di tutta Europa il centro è da sempre la zona più bella, più viva. Mazara meritava di essere riconsegnata alla sua storia». Nicola Cristaldi è un sindaco sognatore, parla di dirigibili che attraversano la Sicilia, di percorsi enogastronomici, di nuove strade per sviluppare il turismo, per cancellare scempi come quello a Termini Imerese. «Noi del sud dobbiamo smettere di pensare come se volessimo essere il nord. Abbiamo altre risorse, il nostro futuro non è in una fabbrica di automobili».
Cristaldi guarda l’Europa; Mazara come Mentone, quando anni fa era partito il progetto di riqualificazione delle zone del centro abitate da immigrati. L’idea era piaciuta a tutti, a francesi e immigrati che da quel momento iniziarono a sentirsi meno stranieri. «Il principio qui a Mazara è lo stesso. La nostra è da sempre una città multietinica, dove la gente è sempre arrivata per cercare lavoro. Abbiamo voluto dare loro una casa più degna, con le strade sicure e illuminate, abbiamo ripristinato l’illuminazione pubblica dove c’era solo buio, costruito una rete fognaria che prima non c’era, fatto arrivare l’acqua corrente negli appartamenti. In cambio chiediamo il rispetto delle regole».
È così che anche qui, a Mazara, i concetti di tolleranza e integrazione vengono superati dall’idea di uno scambio tra culture diverse. «Gli immigrati hanno salvato il settore della pesca e quindi la nostra economia. Salvare il nostro centro storico significa rivalutare il valore intero della città. Quelle che erano zone da evitare ora sono diventate strade dove aprire bar e locali serali. Quelle che erano baracche stanno diventando belle case, dove la gente da fuori ha già iniziato ad investire». Il progetto è ancora in corso, i fondi non sono molti, per il momento è stato ultimato un primo itinerario di vicoli inaugurato con una grande festa che ha coinvolto tutti. In piazza Mahdia per esempio, convivono sette nazionalità diverse. Jamila, immigrata dalla Tunisia quasi trent’anni fa, da quando le hanno risistemato la casa e il cortile, non sta più nella pelle. Fuori ha messo vasi di fiori. I suoi figli sono nel cortile a giocare, lei è fuori con scopa e paletta: «Ci tengo che resti tutto perfettamente in ordine, tutti i mazaresi devono vedere come siamo fatti noi tunisini, ci piace la pulizia. Siamo commossi che il sindaco abbia deciso di investire proprio qui, che fino a poco tempo fa era considerata la terra di nessuno, dove di notte si vedevano solo cani randagi e spacciatori». Oltre a lei in quella piazzetta si affacciano famiglie di ucraini, cinesi, marocchini, bengalesi. Tutti in regola, a lavorare giù al porto o con le bancarelle.

«Oggi la gente può passeggiare e scoprire la bellezza del centro storico, i palazzi del ’700, le atmosfere di una città con un passato arabo. È il nostro tesoro, lo abbiamo riscoperto».
Una rivista di turismo arriverà settimana prossima per un servizio su Mazara. Il rinascimento secondo Cristaldi inizia da qui.

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