
C'è un momento, durante l'intervista, in cui Emilio Baietta smette di parlare da vicepresidente di TreValli Cooperlat. I suoi occhi si stringono, la voce si abbassa, e il tono cambia. «Io e te siamo qui, a pochi passi dall'Arco della Pace, a parlare di solidarietà. Ma intorno a noi c'è un mondo che combatte guerre, un mondo in cui vince chi grida più forte. Noi invece vogliamo restare in silenzio, ma vicini. Con le mani tese verso chi ha bisogno».
In quel passaggio, si capisce che per Baietta questa non è una partnership da raccontare con orgoglio aziendale. È qualcosa che gli appartiene, profondamente. Qualcosa che tocca corde personali. «Essere cooperatori dice significa prima di tutto avere uno sguardo aperto. Non possiamo chiuderci dentro i numeri, le marginalità, i mercati. Dobbiamo sapere ascoltare anche ciò che non fa rumore. E il bisogno, spesso, non fa rumore».
Baietta è uno di quei dirigenti che non usano slogan, ma frammenti di vita. Ha lo sguardo esperto di chi conosce il proprio settore a fondo, ma anche quello empatico di chi sa commuoversi davanti a un bambino che impara a mangiare da solo dopo mesi di lavoro in una cucina riabilitativa. «È lì che capisci che il tuo mestiere può servire a qualcosa di più. Può davvero cambiare le cose».
La sua voce si fa ferma quando parla del rapporto con la Lega del Filo d'Oro: «È un legame che va oltre la solidarietà. È un confronto continuo. Loro ci insegnano ogni giorno il valore dell'essenziale. Il modo in cui quei bambini, non vedendo e non sentendo, riescono a esplorare il mondo attraverso il cibo, ci restituisce il senso più profondo di cosa significhi nutrire. Non solo il corpo. Anche la dignità, l'autonomia, la vita stessa».
La cooperativa che rappresenta non si è limitata a donare fondi. Ha costruito spazi, cucine didattiche, laboratori di logopedia. Ha coinvolto dipendenti, soci, famiglie. «Quando un nostro collaboratore entra al Centro di Osimo e incontra i bambini della Lega, non ne esce uguale. Si porta via qualcosa. Un cambiamento. Un altro sguardo».
La sua è una leadership che rifiuta il cinismo. «Sì, il profitto è importante ammette senza ipocrisia . Ma se quel profitto non lascia un segno nel mondo, allora non serve. Perché noi non lavoriamo solo per bilanci: lavoriamo per le persone».
La campagna 5x1000, oggi attiva in oltre 2500 punti vendita italiani, è stata per lui una scommessa etica. «Volevamo parlare di solidarietà in modo diverso. Non chiedere di comprare un prodotto, ma di compiere un gesto consapevole, una firma. Offrire uno spazio, una possibilità. E ci siamo riusciti».
E mentre racconta, non nasconde l'ambizione di far crescere ancora di più questo progetto: «Il bisogno, purtroppo, è in aumento. Ma lo è anche la voglia di fare bene, di partecipare. Serve solo il coraggio di mettersi in gioco».
Guardando al futuro, Baietta immagina un'impresa diversa: «Non possiamo più permetterci di essere ciechi. Né sordi. Abbiamo il dovere di vedere e ascoltare, anche dove sembra impossibile. La Lega del Filo d'Oro ci ha insegnato proprio questo: che la fragilità non è debolezza. È una sfida. E noi, come azienda e come persone, vogliamo accettarla».
Ci saluta con un sorriso silenzioso, quasi in punta di piedi. Senza enfasi, senza grandi dichiarazioni. Solo con l'orgoglio tranquillo di chi sa che sta facendo la cosa giusta. E che, nel suo piccolo, sta davvero alimentando la vita.