«La legge lo consente: Ferdinando è stato assolto perché non ha ucciso consapevolmente»

È tutto regolare. Dentro la cornice levigata della legge. «Ferdinando Carretta - riassume uno dei suoi avvocati Gianluca Paglia - fu assolto perché giudicato, dopo ben tre perizie psichiatriche, totalmente incapace di intendere e di volere». Dunque, visto che in famiglia era rimasto solo lui, a lui è toccata l’eredità: perché non ha ucciso consapevolmente. A questo punto le zie hanno fatto causa, ma hanno giocato per estrometterlo e non hanno usato la carta dell’indegnità, ma quella del ritardo nel rivendicare i beni di famiglia. Carretta, infatti, era sparito nel nulla e per nove anni non si era saputo più nulla. Il legislatore pone un limite: dieci anni per far sentire la propria voce e reclamare i propri diritti.
In primo grado le zie avevano vinto, poi, prima della sentenza d’appello, hanno raggiunto l’accordo. Metà a lui, metà a loro. E l’indegnità? «Come si può considerare indegna - spiega Paglia - una persona assolta perché riconosciuta totalmente incapace di intendere e di volere?».
In effetti fra un’udienza e l’altra, il tema era stato posto. Ma è rimasto sullo sfondo.

E così la contesa ha lasciato il posto ai calcoli e alle ragioni di tutti i contendenti. Il caso si chiude con una transazione, come una banalissima causa. Una delle tante che quotidianamente intasano i tribunali italiani.

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