aCi sono nella politica eventi che si corri- Valentino Rossi spondono: una certa giustizia in cui un errore (o un delitto) riceve nel tempo la sua sanzione. Questo è il caso di Bettino Craxi: gli eredi del Pci lo hanno voluto distruggere persino fisicamente. Ora assistiamo alla liquidazione della sinistra italiana di cui gli eredi del Pci furono la potenza aggregante, il potere legittimante. Non riuscirono a sostituire il Psi, D’Alema che lo tentò diventò un capro espiatorio. Rimase l’idea dei fronti popolari del ’36, realizzata poi all’Est sotto il potere sovietico, in cui i partiti comunisti si associavano con forze politiche di altra storia.
Ma dove è l’armonia prestabilita che unisce i processi degli anni ’90 con le difficoltà radicali del partito democratico e delle sue alleanze? Sta nel fatto che protagonista di ambedue le situazioni è un uomo: Antonio Di Pietro. «Chi fur li maggior tui?». La domanda di Farinata è stata posta molte volte al magistrato divenuto politico: ed un politico efficace nel distruggere. Il suo cursus honorum sembra prestabilito da un potere occulto. Di Pietro ha «fatto fuori» Craxi, ora sta facendo fuori Veltroni e la figura stessa del Partito democratico. Lo obbliga a tornare alle origini, al ’93/’94, a diventare un partito eversivo che contesta la legittimità del presidente del Consiglio e si affida alla piazza: il contrario di ciò che il Pd aveva dichiarato di voler essere. Lo ricatta perché lo prende da due lati, da destra e da sinistra: e anche dal centro, visto che il prodianissimo Arturo Parisi, ridotto all’angolo, rivela che l’odio a Berlusconi è l’essenza del prodismo, cosa che ho sempre sostenuto. A destra Di Pietro può prendere al nord leghisti che dissentono da Bossi al governo e al sud diessini di cuore che non condividono la trasformazione dei postfascisti in antifascisti.
Di Pietro punta allo sfascio, si può dire «sfascista «» invece che fascista, ma il suo modo di agire è lo stesso del fascismo delle origini: unire destra e sinistra nella critica della democrazia parlamentare delegittimando la sua rappresentanza politica in atto. La manifestazione del 25 ottobre, in cui Di Pietro e Parisi raccoglieranno le firme per il referendum contro il lodo Alfano, vedrà scorrere congiuntamente le acque: gli «sfascisti» e i postcomunisti-postdemocristiani convergeranno sulla medesima piazza per «salvare l'Italia».
Di Pietro è dunque l’incubo dei postcomunisti. Lui che uccise il Psi consuma anche con efficacia il Pd. Ha prodotto lo sfascio della prima Repubblica, vuole lo sfascio anche di questa. Ma c’è un Berlusconi «decisionista» e una maggioranza unita che può prescindere interamente dalla sinistra in crisi. I postcomunisti non hanno più unità.
E il destino socialista che essi hanno umiliato e ricusato torna in loro con la forma antica socialista: la scissione. E il governo Berlusconi può dire: «hic manebimus optime», noi governiamo benissimo. Alla faccia.Gianni Baget Bozzo
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