Legge elettorale: il proporzionale resta nel cassetto

Legge elettorale: il proporzionale resta nel cassetto

da Roma

Per i centristi dell’Udc è il sogno nel cassetto. Tutto lascia prevedere che resterà lì. La richiesta di una riforma elettorale in senso proporzionale è stata rivolta dal leader Marco Follini agli alleati di coalizione già l’anno scorso, in sede di verifica di governo. A ciclo continuo il segretario di via Due Macelli insiste sull’argomento «che gli sta più a cuore» e che potrebbe, dice, «dare una mano a recuperare rappresentatività e governabilità». Ancora, ieri, intervistato dalla Stampa, il leader dell’Udc si ribellava all’idea di perdere «due a zero»: niente cambio di leadership e niente proporzionale.
D’altronde non è soltanto lo scarso interesse negli alleati a rappresentare una doccia fredda per chi immagina un «ritocco» alla quota proporzionale del «Mattarellum». Qualche esponente di An, Gasparri per esempio, si spinge fino a immaginare una possibile riforma che ricalchi il sistema usato per le regionali, il «Tatarellum». Ma non basta, visto che gli stessi interessati di un tempo, le frange centriste dell’Unione, oggi sono contrari. E persino i sostenitori storici, come Fausto Bertinotti, rispondono picche. «Sono un antesignano del sistema proporzionale - spiega il leader rifondatore -, un proporzionalista convinto e mi ispiro al sistema tedesco: è un modello che funziona. E a volte copiare, come si fa a scuola, funziona molto bene. Però non certo si possono cambiare ora le regole del gioco, la riforma va fatta dopo le elezioni, quando la partita con Berlusconi sarà conclusa».
Più eclatante è stata la battuta d’arresto arrivata a Telese, quando nel confronto con Rutelli, Follini gli ha chiesto ufficialmente di «votare con noi una legge proporzionale». Netto «no» del leader della Margherita: «Non si può cambiare la legge elettorale a sei mesi dalle elezioni, e per di più con una maggioranza parlamentare zoppicante. Non ci sono proprio le condizioni: ci si può pensare al secondo o terzo anno di legislatura, perché nel primo si toglierebbe legittimità al Parlamento appena eletto». Posizione ribadita ieri ancora una volta dal coordinatore Dario Franceschini: «La modifica della legge elettorale non può avvenire. Non si fa in campagna elettorale e non si fa perché la legge elettorale è la regola base della democrazia, quindi si cambia solo se c’è un’intesa tra maggioranza e opposizione. Quell’intesa non c’è. Noi non vogliamo un ritorno al proporzionale». Non è difficile immaginare perché una modifica in tal senso sia così malvista anche dai maggiori partiti bipolaristi, elezioni a parte.

Come ha ricordato con la solita lucidità Giulio Andreotti al meeting di Rimini «se non si cambia la legge elettorale in senso proporzionale non si può fare il Grande centro». Una condizione che rende il sistema proporzionale «indigesto» a tanti e chissà per quanto.

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