Una legge regionale chiuderà le moschee abusive

Se moschea sarà, la collocazione più adatta e probabile sembra il Palasharp, che ha dato una discreta prova di sé durante l’emergenza. La Regione è già al lavoro per definire le caratteristiche urbanistiche indispensabili per autorizzare un nuovo luogo di culto e, contemporaneamente, per vietare il sorgere di moschee fai da te sul modello di viale Jenner.
Una legge sui luoghi di culto simile a quella dei call center o dei kebab: o sei in regola o chiudi. Con la differenza che qui non si parla di code ai telefoni o di schiamazzi davanti a una felafel, ma di riunioni di preghiera. «Ci muoviamo ai limiti della costituzionalità, ma sto preparando una norma per definire che cosa sia un luogo di culto e che cosa non lo è» annuncia l’assessore regionale all’Urbanistica, Davide Boni. Spiega: «L’obiettivo è affinare la norma in modo che i musulmani possano andare a pregare solo nei luoghi di culto e non in quelli che chiamano centri culturali. Inoltre questi luoghi di culto dovranno essere garantiti da Stati sovrani, che se ne assumano la responsabilità».
Boni ne ha già discusso con alcuni colleghi di giunta e con il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che l’ha invitato a presentargli il progetto appena sarà definito. «È bene che i musulmani si riuniscano in un luogo adibito solo alla preghiera, che per essere tale dovrà rispondere a una serie di parametri urbanistici e di servizi, dai parcheggi a uno spazio vuoto intorno che non crei problemi ai cittadini che vivono vicino». E le chiese da sempre immerse tra le case? Non si rischia di discriminare? «Il Duomo c’è da sempre, è Milano ad essere nata intorno al Duomo. Inoltre i musulmani sono gli unici a pregare in massa in luoghi non adibiti al culto. Adesso pensano anche a un partito politico-religioso. È inaccettabile, non possiamo mica tollerare un Fis come in Algeria».
Insomma, sì alla moschea ma strettamente regolamentata. E senza Fronti islamici di salvezza. «Una soluzione può e deve essere trovata» ribadisce il governatore, Roberto Formigoni, dopo che a segnalare il caso come una priorità dell’autunno è intervenuto il prefetto, Gian Valerio Lombardi. Come ricorda il presidente della Regione, il prefetto è rappresentante del governo, più precisamente del ministero dell’Interno, e quindi sono gli uffici di Roberto Maroni a dover risolvere la questione.
Boni rimanda la palla a Palazzo Marino: «Premesso che non vedo alcuna necessità di una nuova moschea in Lombardia, riuniamo pure un tavolo istituzionale tra prefettura ed enti locali per decidere, ma senza tirare in ballo il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. La scelta tocca al Comune». L’assessore leghista al Territorio fornisce anche l’identikit (pronto a diventare legge) del luogo adatto a ospitare il minareto: «Una posizione che non dia fastidio, vicina ai posti di polizia, così che non diventi ricettacolo dei clandestini. Se serve a Milano, la costruiscano a Milano. Senza scaricare sull’hinterland, evitando favole come la moschea a Lacchiarella».


Tutte caratteristiche che indirizzano verso il Palasharp. Anche se c’è chi propone l’area dell’Expo, fuori dai confini comunali, caldeggiata da un partito trasversale che unisce il Pd ad An, con Pierfrancesco Majorino e Carlo Fidanza. Un 2015 nel segno dell’islam.

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