Legge Ue sulle tv, il governo rinuncia allo scontro con il Pd

Cancellato l’articolo che l’opposizione definiva «salva Rete4». Il sottosegretario Romani: polemica pretestuosa. Piersilvio Berlusconi: Mediaset non c’entrava nulla

da Roma

«Una polemica pretestuosa che abbiamo voluto chiudere per senso di responsabilità». Così il sottosegretario allo Sviluppo economico, Paolo Romani, ha spiegato la decisione del governo di riformulare l’emendamento al decreto legge per l’attuazione di obblighi comunitari battezzato da Pd e Idv come «salva Rete4».
«In realtà - dice Romani al Giornale - l’Ue ci aveva chiesto di fissare tempi certi per il passaggio delle trasmissioni tv dall’analogico al digitale (il cosiddetto switch-off, ndr) e a quelle disposizioni ci eravamo attenuti». Il problema, tuttavia, è rappresentato dalla duplice indicazione che il legislatore è obbligato a stabilire. Da una parte, infatti, bisogna garantire il regime di licenze-autorizzazioni fino allo switch-off per consentire eventuali trasferimenti di frequenze. Dall’altra parte è necessario assicurare la continuità dell’esercizio degli impianti di trasmissione.
«Noi - specifica Romani - avevamo fissato una data per l’esercizio degli impianti che è quella stabilita dalla legge Gasparri, ma l’opposizione l’aveva erroneamente interpretata come un vantaggio per Rete4 e così per non ritardare l’approvazione del decreto a causa dell’ostruzionismo di Pd, Udc e Idv abbiamo riformulato l’emendamento togliendo il riferimento». Ma, rileva il sottosegretario, «in questa maniera non abbiamo dato all’Ue tutte le risposte che ci venivano richieste, cosa che faremo con la prossima legge comunitaria». L’incontro di ieri mattina con il ministro-ombra del Pd Melandri e con l’ex titolare delle Comunicazioni Gentiloni ha «normalizzato» i rapporti tra maggioranza e centrosinistra. «Contiamo di far approvare a breve tutto il decreto», ha concluso Romani.
La rinuncia allo scontro frontale da parte del governo viene però sfruttata mediaticamente dal Pd come una «vittoria» (parole del capogruppo Idv alla Camera Donadi) nei confronti del governo Berlusconi costretto alla retromarcia. Nella sostanza tali affermazioni non possono essere considerate veritiere. In primo luogo la norma non avvantaggiava in alcun modo Rete4. In secondo luogo la conversione in legge del decreto non modificherà lo status quo: i soggetti titolari di frequenze in analogico continueranno a trasmettere fino allo switch-off previsto nel 2012, inclusa Rete4 che è in regola dal 2003, ossia dall’entrata in vigore del nuovo Antitrust analogico/digitale. «È una decisione del governo. Commenteremo quando il decreto sarà approvato. Comunque Rete4 non c’entra niente», ha detto il vicepresidente Mediaset, Piersilvio Berlusconi.
I trionfalismi del centrosinistra non appaiono giustificati. Ma la vicenda ha toccato un nervo scoperto dell’opposizione, pronta a ritrovare l’unità perduta nel nome dell’antiberlusconismo militante. La sentenza della Corte Ue riguardante Europa 7 ha sancito evidenti difetti nel sistema di assegnazione delle frequenze in Italia senza entrare nel merito della questione. La procedura di infrazione nei confronti dell’Italia non lede i diritti acquisiti di Rai, Mediaset, Telecom, gruppo Espresso, ecc.

E anche le multe miliardarie paventate da Antonio Di Pietro sono di là da venire: il deferimento alla Corte di giustizia richiederebbe un anno e mezzo di iter a politiche invariate. «Non cambia nulla», ha dichiarato Romani. La risposta all’Ue resta incompleta, ma c’è tempo per porvi rimedio.

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