Li hanno trovati in un campo, a poco più di un chilometro dal loro villaggio. Elmandi, quattro case di fango e paglia, un buco dimenticato nella sterminata provincia di Ghazni. I loro corpi erano accanto alla latta rovesciata. Tra le zolle solcate dai pneumatici, scavate dallo scalpiccio di passi umani. Due mucchietti di stracci consumati. Due facce affondate nella terra, in una pozzanghera dargilla combusta, tra il ronzio delle mosche impazzite e il lezzo di carne strinata. Li hanno rivoltati. Dei loro volti non cera più nulla. Lacido aveva divorato la pelle, consumato gli occhi, cancellato naso e labbra. Due povere maschere dorrore.
I militari afghani arrivati a raccoglierli raccontano di un ragazzino di 15 anni e di una bimba di dodici. Ma non se ne conoscono neppure i nomi. Sappiamo solo che li hanno rapiti, buttati su quei pickup e portati in quel campo deserto nel mezzo del nulla. Poi qualcuno ha tirato giù la tanica dellacido, ne ha svitato il tappo, lha svuotata con metodica cura. Senza schizzi, senza sprechi, mentre i suoi compagni assassini tenevano bloccate le vittime a braccia aperte, con la schiena a terra. Lha versata prima sulla faccia di lei, poi su quella lui. Non volevano solo sfregiarli. Volevano proprio ucciderli. Volevano cancellare i loro volti e le loro esistenze. Sono morti soffocati mentre lacido corrodeva trachea e polmoni. Li hanno guardati agonizzare, li hanno girati a faccia in giù, sono rimontati in auto e sono ripartiti. I militari messi sul chi vive da una soffiata raccolta nel villaggio sono arrivati sul posto dellesecuzione il giorno dopo. Non cera molto da fare.
Hanno raccolto i poveri resti dei due ragazzini e li hanno portati allospedale di Ghazni. Sono ancora lì, allineati nella sala spoglia dellobitorio. Attendono che qualcuno si affacci, li riconosca, se li porti a casa. Fino a ieri non era venuto nessuno. E nessuno probabilmente arriverà. Del resto chi può voler indietro due vite cancellate.
La loro colpa era linnocenza della loro amicizia proibita. Lamicizia di un ragazzino e di una ragazza cresciuti nello stesso villaggio, ma destinati, nei piani di qualcuno, forse dei loro stessi genitori, a vite distanti, separate. Le voci del villaggio dicono che non erano neppure amanti. Solo amichetti. Eppure è bastato per scatenare su di loro tutta la crudeltà di un codice spietato. Un codice avallato dai governi ombra talebani che in tante provincie afghane amministrano la vita e la morte. O forse unesecuzione decisa, più banalmente, da un consiglio di famiglia con lautorizzazione preventiva di qualche anziano del villaggio. In Afghanistan luso dellacido per punire la vergogna delle fanciulle a viso scoperto e dei rapporti illeciti è tradizione ripugnante, ma consolidata.
I primi fondamentalisti la usavano già negli anni settanta per marchiare con cicatrici indelebili le ragazzine colpevoli di andare a scuola a volto scoperto. Durante il regime talebano diventò una ferocia legittimata ed accettata. Oggi torna a diffondersi nelle zone dove i governi ombra degli insorti, o più banalmente lassenza di un governo centrale incapace di amministrare la giustizia, garantiscono limpunità assoluta. A novembre dello scorso anno la banda di un signore della guerra di Kunduz fece irruzione nella casa di un contadino e bruciò con lacido i volti delle sue tre figlie.
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