La sua prima volta? Dodici anni fa, quando di anni ne aveva giusto dodici. Una vacanza familiare in Sardegna. Lo scenario magico del Pevero. Il papà Gianmaria che giocava a golf e il ragazzino suo figlio che gli reggeva la sacca e che poi provò, per imitazione, a impugnare un bastone...
La favola di Leonardo Motta è cominciata così. E da pochi giorni essa è giunta a una svolta storica: Leo, ventiquattro anni compiuti il 27 marzo, un Ariete di razza, si è imposto nella classifica individuale ai Mondiali Universitari svoltisi sul percorso del Gary Player di Sun City in Sudafrica, precedendo il giapponese Yuki Usami e il britannico Andy Shakespear. Le nazioni in gara erano una quindicina e la squadra italiana, della quale facevano parte anche Quintarelli, Bonaga e Garbaccio, si è piazzata al quarto posto (era al comando dopo 36 buche). Ma è stato quello di Motta l'acuto d'oro e noi che viviamo in un Paese sportivamente sbilanciato, spesso ignorante o indifferente alle impennate di un agonismo silenzioso, qui vogliamo dedicargli lo spazio e il riconoscimento della dignità.
Di ceppo biellese (papà, che gioca un handicap 14, è direttore commerciale di una ditta di tessuti per arredamenti e mamma Daniela è arredatrice d'interni), Leonardo ha una sorella, Marella, di 27 anni (laurea in Lettere e insegnante di canto) che, racconta lui sorridendo «detesta il golf, perché dice che è uno sport da vecchi». Il ragazzo, alto 1 metro e 85 per 75 chili di peso forma, è curiosamente nato a Losanna («in una clinica di fiducia di mia madre»), è inserito nel giro della nazionale azzurra, onora un handicap +3,2 e il suo Circolo «Le Betulle» di Biella assistito dai maestri Maurizio Guerisoli e Alberto Binaghi. Ama il calcio (tifa Juventus) e lo sci e attualmente si trova al centro di uno splendido intrigo. Vediamone e ascoltiamone la trama.
«A parte la mia vittoria a Sun City, che continua a sembrarmi un sogno, sono alla vigilia di una laurea in Scienze del Turismo allo Iulm di Milano: mi manca soltanto un esame. Poi mi attende la prespecialistica di due anni in management, che farò allo Iulm o in Inghilterra. Nel frattempo, prima di andare ai Mondiali in Sudafrica, mi è pervenuta un’offerta di lavoro per un nuovo progetto da Christie's e mi è stata proposta una borsa di studio, di tipo americano, da un'università scozzese che si trova nei pressi di Glasgow per giocare a golf e fare una specie di master. Insomma ho un sacco di carne al fuoco e per ora non ho deciso quale strada prendere».
Brillante studente universitario e campione di golf (tra l'altro, palla d'oro nel 2007). Leonardo ha davanti a sé un affascinante futuro tutto da decifrare e da interpretare, un lungo filo da dipanare con pazienza e insieme con sicurezza di passo. Che cosa ci vede, lui, nella sua personale sfera di cristallo? «Mi piace immaginare la prospettiva di un mio bell'avvenire nel golf, mi piace l'idea di vivere di golf. E non appena capirò di essere ancora migliorato, di sapermi esprimere all'altezza e con la continuità che dico io, probabilmente, forse l'anno prossimo, valuterò la possibilità di passare al professionismo. La cosa sicura è comunque che un giorno mi si imporrà una scelta e credo che io farò quella più ragionevole: o una carriera discendente dalla mia laurea o gli sviluppi di un golf che valga la pena affrontare».
Adora la pasta («Specialmente quando torno dall’estero, dove non la fanno, dopo la solita serie di bistecche»). Legge volentieri i libri di avventure e sull’altarino del golf tiene due idoli: il primo, manco a dirlo, è Tiger Woods e il secondo è Justin Rose. Ha una fidanzata? «Evelina. Studia Economia».
Gli abbiamo assegnato una giusta, meritata vetrina. L'augurio è che lui sappia restarci.
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