Ieri Gad Lerner, il volto della Sette, televisione della Telecom, nonché firma della Repubblica di Carlo De Benedetti ha tirato fuori gli attributi. Pardon: ha praticato il suo consueto stile coraggioso, di giornalista che non guarda in faccia nessuno. Ha rispolverato un po’ di sano leninismo e ne ha cantate quattro. A beneficio di chi si fosse colpevolmente perso «Il profitto e l’operaio», pregevole pezzo, saggio, disamina, nonché coraggiosa denuncia pubblicata appunto ieri sul quotidiano romano, ricordiamo il tema centrale. Scrive Gad: «Credo non sia possibile discutere di giustizia sociale e di redistribuzione del reddito, ma anche di economia e finanza, prescindendo da queste nude cifre». E cosa saranno mai queste nude cifre? Sono quelle che mettono in evidenza la fortissima disparità di trattamento tra lo stipendio di un operaio e quello del suo «padrone», o tra quello del medesimo operaio e i suoi manager. Gad raddrizza la penna e snocciola i numeri.
Ci saremmo dunque aspettati uno svolgimento molto semplice. Si parte da Telecom, l’azienda che gli elargisce poco meno di un milione di euro l’anno. Non è giusto che un volto televisivo si becchi 10 volte lo stipendio di un povero sfigato di redazione, che tra l’altro rischia il prepensionamento. C’è qualcosa che non va se un volto televisivo viene liquidato dall’azienda nel 2001, per poi essere ripescato subito dopo, e si porta a casa una buonuscita miliardaria. Roba che un giornalista normale si sogna dopo trent’anni di onesto lavoro. Ma Gad dopo aver utilizzato il suo stipendio contro se stesso, avrebbe potuto fare di più. Tirare in ballo presidente e amministratore delegato della sua Telecom. Sì, sì proprio loro: Franco Bernabè e Gabriele Galateri di Genola. Quest’ultimo viene pagato più in funzione della lunghezza del suo cognome e dei predicati (che vi abbiamo risparmiato) che delle effettive deleghe che ha in azienda: praticamente nessuna. Nei nostri sogni, scrive Gad: GGG quest’anno si è portato a casa 1,750 milioni di euro. Eppure il titolo Telecom è lì affossato sotto l’euro, i ricavi per i morsi della concorrenza si sono ridotti e il piano di licenziamenti corre. Come fa ad attribuirsi uno stipendio così alto? E più o meno per gli stessi motivi come si giustifica Bernabè, che è arrivato a quota 3,4 milioni di euro, in crescita dell’80 per cento rispetto all’anno scorso? Gad, nonostante lavori alla Telecom e scriva per Repubblica, ha coraggio da vendere (siamo sempre nel delirio onirico). Sentite questa. E De Benedetti? E i milioni di euro che si riconosce in dividendi ogni anno grazie a Cir, L’espresso e compagnia cantante? La rabbia dice bene Gad si rivolge verso bersagli sbagliati, «ma si guarda bene dal prendersela con i redditi di capitale, con le rendite finanziarie, con i compensi dei manager che appartengono al suo sistema di potere».
Quando Gad le canta, le canta alla grande e se ne infischia del sistema di potere: zac, un turbine di moralismo retributivo verso Telecom e financo De Benedetti.
Abbiamo sognato. Sulla prima pagina di Repubblica, il giornalista a busta paga Telecom, in realtà non se l’è presa con il suo favoloso stipendio, non ha censurato la sua buonuscita miliardaria, non ha preso di mira la coppia Bernabè-Galateri, non ha fatto i conti in tasca al finanziere De Benedetti. No, cari amici. Ha sempre la schiena dritta, per carità. Ma il manager che viene pagato troppo si chiama Marchionne e il capitalista che si riconosce dividendi da favola è Berlusconi. Le nude cifre riguardano sempre gli altri. Il fatto che Gad prenda dieci, venti volte (ma che importanza ha) lo stipendio di un giornalista qualsiasi, il fatto che De Benedetti si quoti e lucri sul suo conto corrente (CDB Web Tech, qualcuno se la ricorda) il fatto che i manager di Telecom Italia (come quelli di tutto il mondo, per la verità) si staccano assegni milionari, non se l’è mai sognato di scrivere.
Sia chiaro, e ora non scherziamo più, le inveterate di Gad sulle retribuzioni, oltre ad avere questo piccolo difettino di riguardare sempre gli altri, anche se avessero preso di mira i propri vicini di casa, non reggono.
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