Letta ricuce i rapporti con il Colle Forse oggi il premier da Napolitano

RomaNo, il Cav non è salito, e del resto non era nemmeno atteso. La nota del Quirinale, infatti, era abbastanza secca e chiara: «Non risulta nessun incontro, né richiesto né fissato, con il presidente del Consiglio». Così, come previsto dal cerimoniale, è toccato al solito Gianni Letta rappresentare Palazzo Chigi alla giornata del ricordo e, già che c’era, tentare l’ennesima ricucitura. E guarda un po’, l’Eminenza Azzurrina c’è riuscito ancora una volta: Napolitano e Berlusconi si vedranno prestissimo. Forse oggi.
Pace? Piuttosto, tregua armata. Il capo dello Stato apprezza «la sintonia con il governo quale si è espressa nello schietto intervento del sottosegretario Letta». Giorgio Napolitano parla ovviamente delle foibe e delle iniziative collegate. Non parla dell’ultimo strappo, ma quello ufficialmente si è rimarginato prima ancora che la lacerazione si consumasse davvero. È bastato che il progetto di un decreto contro le intercettazioni fosse derubricato a un’idea informale per far calare la tensione tra i palazzi. Letta ha chiamato in piena notte per spiegare che non si voleva fare «nessuna forzatura», per chiarire, a nome del premier, che si trattava solo di cose dette durante una riunione di partito. Per di più, si trattava di «un’ipotesi impraticabile», visto che sulle intercettazione esiste già un provvedimento incardinato in Parlamento.
Insomma, «un equivoco», come lo definisce qualche ora dopo Fabrizio Cicchitto. E quando verso le 11 Letta arriva sul Colle per la cerimonia, prosegue nella sua mediazione: Berlusconi non aveva «alcuna intenzione» di offendere il presidente della Repubblica. Anzi, ha detto a tutti di cambiare linea, di non aprire altri fronti, di lasciar perdere il Quirinale. «Stiamo valutando di ricorrere alla corte dei diritti umani di Strasburgo», annuncia infatti Franco Frattini. Un lavorio diplomatico continuato poi dai tanti ministri ricevuti in giornata da Napolitano: da Roberto Maroni a Giulio Tremonti fino a Ignazio La Russa, che promette di battersi affinché il 17 marzo, festa dell’unità d’Italia, uffici e scuole restino chiusi.
Ma tutto ciò non è sufficiente per tranquillizzare il Colle. Il Pdl abbassa i toni, però resta il problema principale: il centrodestra gradirebbe tanto un intervento di Napolitano, anche in qualità di presidente del Csm, che censurasse certi eccessi della magistratura. Ma, vista la situazione, non sembra proprio aria. Neanche al capo dello Stato piace la spettacolarizzazione delle inchieste, nemmeno lui approva tutti quei nomi dati in pasto ai giornali in violazione della privacy. Però, come ha detto più volte, non è una certo questione che si può risolvere con un decreto.
La materia è delicata, da maneggiare con cura. Un terreno minato dove s’incrociano la funzione costituzionale dei pubblici ministeri, il diritto della libertà di stampa e il diritto dei cittadini alla riservatezza personale. Per questo la soluzione andrebbe cercata «nella logica della larga condivisione. Vorrà pure dire qualcosa se da tre legislature la politica prova inutilmente a regolamentare il settore.
Napolitano dunque in questa fase intende mantenersi neutrale.

Lo dimostra anche il messaggio spedito al Csm per i 31 anni dell’uccisione di Vittorio Bachelet: «Bisogna tutelare l’indipendenza della magistratura perché il sistema giudiziario ha un ruolo centrale nella difesa della democrazia, ma giudici e pm devono svolgere le loro funzioni con rigore morale e imparzialità».

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