La lettera di Zaia: "L'Europa ha perso il buon senso"

Ci sono tante cose di quest’Europa che mi fanno arrabbiare e ieri ne ho scoperta un’altra: se vendi il pesce e scrivi il nome in dialetto sul tuo bancone ti danno la multa

Ci sono tante cose di quest’Europa che mi fanno arrabbiare e ieri ne ho scoperta un’altra: se vendi il pesce e scrivi il nome in dialetto sul tuo bancone ti danno la multa. All’Europa, a quest'Europa dominata da burocrati e da persone che hanno smarrito il buon senso, le lingue materne non garbano. Quindi, accade a Trieste come a Treviso, anche a Rimini o a Barletta, per non dire di Lampedusa e dell’Argentario, che quando tua mamma, tua moglie vanno a fare la spesa devono dimenticare da dove vengono e che storia hanno e comprare come vogliono lor signori. Naturalmente, alla mancanza di buon senso bruxellese si aggiunge, e forse ci mette il suo carico, l’ottusa cecità dei burocrati romani. E siccome la vita è come il biliardo e il filotto è regola sovrana, a controllare che le mattane euro-nazional-burocratiche siano seguite in tutto e per tutto, ci si mettono anche i gendarmi. Vi ricordate quando Zaia non era ministro e i forestali inseguivano i pensionati che andavano a dare una mano nei giorni di vendemmia?

Immagino scene analoghe nei mercatini del pesce, con i venditori che di nascosto parlano alle massaie in dialetto mentre l’occhiuto gendarme dà la caccia al rettangolino nero dove il perfido secessionista ha osato scrivere in dialetto con un gessetto di altezza non regolamentare. Sono convinto che, per fortuna, tutto questo stia riportando la questione delle lingue materne sulle prime pagine dei giornali, e non posso che ringraziare il Giornale di Feltri che, con piglio rivoluzionario, dà spazio a noi che ancora osiamo pensare, parlare, e perfino scrivere nella nostra lingua, che non è l’italiano. A prescindere dal fatto, poi, che sapere davvero che cosa sia l'italiano non è questione semplicissima (quello della tv, quello parlato in Toscana, quello della Crusca, valli a capire i burocrati cosa ci chiederanno alla fine), mi chiedo quale sia la ragione di tanto accanimento.

Quest’estate ho provato a porre la domanda in modo garbato e con qualche resipiscenza di studi. Sono stato coperto da una montagna di contumelie a dire il vero in alcuni casi poco civili e in altri molto ignoranti. In ogni caso mi sono fatto un’idea: strappare i crocefissi dalle aule delle scuole, cancellare il presepio dagli asili, darci da mangiare le stesse schifezze omologate da Shanghai alla Garfagnana, rappresentano il frutto di un medesimo disegno, radicato nell’idea di un neoautoritarismo per cui se non la pensi come me vai cancellato dalla storia. Sì, mi viene in mente Orwell. C’è un solo modo per resistere: continuare a fare la spesa in dialetto, ricordarci che siamo cristiani, comprare verdure di stagione dal contadino del campo affianco.

Intanto me ne vado ad Assisi, dove vicino a Giotto, nel cuore dell'Umbria, sotto un abete che arriva dai boschi di quelle montagne darò il mio personale buon Natale a tutti i frati del Convento di Assisi, che mi hanno invitato, ai cittadini, che vogliono sentire il ministro come uno di loro, e anche alla burocrazia europea e nazionale, pregando Gesù bambino di portare, soprattutto a loro, il dono più grande: la fede dei folli che si parlano nella lingua che li ha cresciuti.

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