Negli ultimi anni, l’emergere della cultura woke e di varie forme di estremismo culturale che poi sono andate tutto sotto il nome di cancel culture, ha fatto scomparire la capacità di confrontarsi in modo aperto, e talvolta certo anche duro, su alcuni temi che dovrebbero naturalmente appartenere al dibattito pubblico. Questa polarizzazione, ovviamente, impoverisce il dibattito che diviene dominato esclusivamente da forme spesso allucinate di radicalismo culturale.
Vittima di tutto ciò è la libertà di espressione e quindi le idee da cui quella libertà nasce. Uno dei temi monopolizzati da questa impostazione è quello del femminismo. Un tempo dominio di una cultura libertaria che affermava l’importanza di fare del proprio corpo ciò che si voleva, che affermava l’insuperabile individualità di ogni singola donna, oggi il femminismo è divenuto di una sorta di intransigente oscurantismo. Una prospettiva che pretende di imporre a tutte le donne una medesima idea su loro stesse: tutte le donne sono vittime di una qualche forma di patriarcato, odi una società consumistica che vuole solo sfruttare i loro corpi: tutti i maschi sono potenziali criminali che vogliono aggredire le donne, e quindi tutti i maschi vanno rieducati. Ora, che gli uomini possano essere volgari e brutali lo sappiamo fin troppo bene; ma il punto è capire come un’istanza libertaria sia diventata una forma di oscurantismo che ha più a che fare con la repressione che non con la liberazione.
A cercare di mettere ordine in queste idee arriva un libro che illumina tutta questa vicenda, curato da due intellettuali che, da prospettive diverse eppure perfettamente complementari, hanno sentito l’esigenza di riflettere in maniera urgente su tutta questa situazione. Il libro è Quel che resta del femminismo (Liberilibri), e le due curatrici sono Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. Come scrive Concia: «Siamo due donne con storie diverse e anche idee diverse per tanti aspetti, ma ad un certo punto ci siamo ritrovate a parlare dei femminismi di oggi, delle grandi contraddizioni sollevate dall’avvento della cultura woke. In un tempo che tende a cancellarle o a dissolverle in altre identità, è urgente riaffermare la centralità dell’essere donna e la radicalità della differenza sessuale. Solo così il femminismo potrà continuare a trasformare la società e a difendere la libertà di tutte».
Proprio con l’emergere della cultura woke, condivisa soprattutto dalle giovani generazioni, si sta tentando di cancellare l’esistenza di una identità femminile, quella che è sempre stata alla base delle rivendicazioni dei movimenti femministi, per sostituirla con identità neutre, come «persone con l’utero» o «persone con le mestruazioni». Bisogna aprire gli occhi su questa realtà distopica! E il libro di Concia e Scaraffia permette di farlo.
Oltre a quelli delle due curatrici, e di altre importanti studiose, il libro contiene un fondamentale saggio di Luca Ricolfi che ribalta con dati e grafici alla mano la narrazione dominante che viene portata avanti attorno al patriarcato.