
I punti chiave
Il terreno rosso, la droga, la fama, i soldi, il cancro. Björn Borg, campione indiscusso di tennis ma anche di guai, ha vissuto più di una vita e alla soglia dei 70 anni (che compirà il prossimo anno) ha deciso di mettere nero su bianco le sue memorie nel libro "Heartbeats: A Memoir" ("Battiti"), uscito oggi in Italia. Quello del tennista svedese è un racconto senza filtri né censure della sua lunga vita fuori e dentro al campo da gioco tra depressione, abuso di alcol e farmaci, donne e la battaglia contro un tumore alla prostata, diagnosticato due anni fa.
Gli anni difficili
"Ho rischiato di morire molte volte, ma oggi ho sistemato la mia vita e sono felice di me stesso", ha dichiarato Björn Borg sulle pagine di Repubblica, che lo ha intervistato in occasione dell'uscita della sua autobiografia in Italia. Nonostante i successi - vincitore di undici titoli del Grande Slam - il tennista svedese ha sempre sofferto la fama e l'attenzione mediatica. "Dopo la sconfitta con McEnroe nel 1981, mi chiusi in casa, attraversai il giardino con una cassa di birre e decisi che era finita. Non provavo più gioia in campo, ma fuori non ero nessuno". Due anni dopo quell'episodio arrivò l'annuncio a sorpresa dell'addio al tennis a soli 25 anni.
Droga, alcol e festini
Il declino di Borg iniziò intorno al 1983 e fu segnato da una girandola di vizi ed eccessi: "Allo Studio 54 ho conosciuto Andy Warhol, mi regalò una Campbell’s Soup con dedica. Poi arrivarono la cocaina, l'alcol, i medicinali. Mi stordivo con feste e festini, ero depresso, avevo attacchi di panico. Avevo paura di stare solo, sovrapponevo le relazioni. Frequentavo persone sbagliate, accettavo passivamente tutto, ero in un groviglio. Conobbi Loredana (Bertè, ndr) a Ibiza, mi trasferii a Milano, ma per me quella città fu un disastro. Lei voleva un figlio, arrivai a depositare un campione di sperma per l'inseminazione. Ma per salvarmi dovevo fuggire da lei e da quell'ambiente".
L'overdose e il ricovero
La sua fuga dal mondo dorato del tennis coincise con il suo tracollo. "Il mio non fu un ritiro, ma una fuga", ha confessato lo sportivo, parlando di uno degli episodi più drammatici vissuti nel 1989, quando rischiò la vita per una overdose mentre si trovava a Milano. "A Loredana Bertè devo la vita, mi trovò a letto incosciente, chiamò l’ambulanza, all’ospedale mi fecero una lavanda gastrica". Un ricordo doloroso che Borg ha definito il momento più buio della sua esistenza sulle pagine di Repubblica.
Nel volume autobiografico, scritto a quattro mani con la moglie Patricia, Borg ha parlato anche dell'ultima battaglia combattuta, quella contro un tumore alla prostata molto aggressivo, per il quale si è operato e sottoposto a una lunga chemioterapia.