
Recita un detto giapponese: «Il chiodo che sporge verrà martellato». La letteratura giapponese non ha prodotto molti scrittori maledetti o nichilisti almeno sino a che nell'ambiente letterario giapponese la «rivolta» non è diventata accettabile. Attenzione scrittori ribelli sì, ma armati di una ribellione morale alla Mishima, dove il richiamo alla morte è un richiamo all'integrità della vita in senso shintoista, tradizionale. Non per nulla il Mishima rimasto più a lungo sotto la soglia di attenzione critica è quello di libri come Abito da sera o il più dirompente La scuola della carne, dove la società giapponese del suo tempo viene sbriciolata senza che intervengano austere e salvifiche apparizioni di gloria passata da inseguire sventrandosi.
Ecco spiegato perché Dazai Osamu (1909 - 1948) è uno di quegli scrittori che ha una sua fama in patria ma molto contrastata, divisiva perché infila davvero qualcosa di malefico negli ingranaggi della cultura giapponese. È infatti l'esponente più interessante di quella che è stata più una temperie letteraria che una vera scuola, la così detta Burai-ha, uno sparuto gruppo di autori che vennero etichettati come decadenti e che, nel Giappone marziale dei dintorni della Seconda guerra mondiale, erano come degli alieni. Dazai è stato uno dei più precoci e sulfurei membri del gruppo e la pubblicazione, ora, per i tipi della Luni editrice, di La studentessa e altri racconti (pagg. 136, euro 17, a cura di Mario Scalise, rimpianto iamatologo), aiuta a conoscere questo scrittore che ha avuto una fama tardiva. La biografia non è letteratura ma a volte aiuta a distinguere la profondità di un materiale narrativo. Nato nella prefettura di Aomori da una famiglia benestante di proprietari terrieri, decimo di undici fratelli, Dazai ebbe un'infanzia dove i rapporti più stretti furono con la servitù di casa. Seguì il collegio dove dalle superiori mostrò un talento letterario precoce, e una propensione ad avvicinarsi ai temi della letteratura occidentale. Nel 1930 si iscrisse all'università di Tokyo per studiare letteratura francese. C'erano però già stati diversi tentativi di suicidio. Poi arrivarono le mogli, un certo numero, con crisi lisi ed amanti. Poi la tisi, la morfina, la disintossicazione, le pillole, due figli, una guerra, un'amante estetista e vedova di guerra e un acquedotto in cui gettarsi con l'estetista medesima. L'ennesimo tentativo di suicidio, come i precedenti per niente da samurai, questa volta però riuscito.
In mezzo ci sono una serie di capolavori, quasi tutti intrisi di male di vivere. Un male sottile, avvolto da una certa patina di noia, come se per Dazai tutto fosse già accaduto. Nelle sue pagine guarda la vita come se fosse automaticamente un «a posteriori». Prendiamo il racconto La studentessa che fu pubblicato nel 1939 e che fu inserito in una raccolta di racconti omonimi e vinse anche un premio letterario. Dazai è in un momento di relativa tranquillità, si è da poco sposato con la seconda moglie: Ishira Michico. I critici e gli altri scrittori parlano bene del racconto, per Kawabata ricorda i Renga e gli Appunti del guanciale di Sei Shonagon, una scrittrice vissuta verso l'anno Mille, seppure con una spruzzata di Dadaismo. Qualche critico nota che Dazai «sta migliorando». Il racconto è «la giornata particolare» di una ragazza che cerca di stabilire il suo posto nel mondo, che intrattiene la madre con l'italianissimo libro Cuore e in realtà ama leggere Bella di giorno. Ci sono speranze, c'è il dolore di non riuscire a smettere di coltivare i sogni dell'adolescenza, c'è lo scrittore che non riesce a usare sempre le forme femminili del giapponese, quando l'autobiografismo prevale. Ci sono passaggi come questo: «Anche domani sarà un giorno come oggi. La felicità non verrà mai per tutta la vita. Questo lo so. Ma sarà meglio andare a letto credendo che certamente verrà, domani verrà». E c'è una chiusa che suona così: «Buona notte. Io sono una Cenerentola senza principe. Sapete dove abito a Tokyo? Non ci rivedremo mai più».
Siamo lontani dal vorticante gioco di parole e di rabbia contro la società che è uno degli altri racconti della raccolta:
Applausi.Ma è un inganno. Dazai Osamu è sempre un chiodo che sporge, su cui ferirsi, non c'è martello che tenga. Ecco perché ci dice ancora qualcosa sia quando usa vortici di parole sia quando sussurra con voce di ragazzina.