Letteratura

La difesa (impossibile) del libro su Acca Larentia

Mira dice di non aver voluto scrivere della strage. Ma il romanzo e la fascetta non lasciano dubbi

La difesa (impossibile) del libro su Acca Larentia

Ieri su Repubblica è stata pubblicata un’articolessa a firma di Clotilde Verri in cui la scrittrice Valentina Mira ha risposto ad alcune delle critiche piovute sul Premio Strega per aver inserito nella “dozzina” il suo romanzo Dalla stessa parte mi troverai (pubblicato per i tipi di Sem).

Breve riassunto per i lettori che non avessero seguito il tema nei giorni scorsi: il libro è stato contestato perché nei confronti delle vittime dell’eccidio di Acca Larenzia non mostra alcuna empatia, anzi minimizza il fatto che due giovani militanti dell’Msi siano stati brutalmente uccisi. Nell’articolo Valentina Mira spiega che ancora prima del clamore mediatico sul volume si è «trovata al centro di minacce, aggredita da gruppi Facebook legati a Casa Pound». Su questo piano ovviamente l’unico sentimento che si può esprimere è la solidarietà, perché nessuno deve essere minacciato e perseguitato, meno che mai per aver scritto un libro.

Precisato questo, ci tocca dire a Valentina Mira che confrontando il suo libro con la pagina di Repubblica vien da citare Mao Zedong: grande è la confusione sotto il cielo. L’articolo si apre con Mira che spiega: «Il libro non è stato letto perché io non parlo dei fatti di Acca Larenzia, ma di Mario Scrocca la cui vicenda non volevo andasse perduta» (Scrocca fu accusato della strage e morì in carcere in circostanze mai completamente chiari- te, ndr). Allora sarebbe stato meglio avvisare la casa editrice di non usare la fascetta rossa ancora visibile su Amazon: «Acca Larentia, l’altra storia di un mistero italiano». Sennò sembra proprio che il libro di quello parli. Però per fortuna Repubblica usa la copertina senza banda rossa nelle foto. Dopo chiosa: «Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larentia ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio». Perché una generazione debba essere considerata parzialmente priva di libero arbitrio ci è oscuro...

Tocca comunque dire che verso i due studenti uccisi alcune delle frasi del libro - che abbiamo letto sono tutt’altro che equanimi. «Qui si riuniscono quelli del Fronte della gioventù che, lo dice il nome, sono i giovani che l’estrema destra alleva in batteria. Mentre escono dalla sezione, due di loro vengono ammazzati. Gli sparano. Sono anni in cui succede. Sono anni in cui loro sono i primi ad ammazzare. Carnefici; qualche volta, come ora, anche vittime. Del resto lo sai, se frequenti certi ambienti, che puoi morire». Se uno scrivesse le stesse frasi su due militanti del Pci di quegli anni, un partito dell’arco costituzionale come l’Msi, uccisi da dei terroristi neri verrebbe, giustamente, giù il mondo.

E dopo di che il racconto sui fatti di Acca Larenzia - in un capitolo dal brutto titolo «Vittime e vittimismo» - procede a rabbia un tanto al chilo. «Il militante fascista Franco Anselmi in quell’occasione intinse un passamontagna in una delle tre pozze di sangue... Trovo che faccia orrore eccitarsi con la morte, per cui lascio volentieri a loro l’erezione, contenta che qualcosa di diverso da uno stupro, per una volta, sia in grado di procurargliene una».

Franco Anselmi è stato un terrorista dei Nar però forse servirebbe un controllino perché la vicenda del passamontagna è solitamente associata alla morte di Miki Mantakas, uno studente greco ucciso durante gli scontri dopo il rogo di Primavalle. Sarebbe stato un discutibilissimo gesto per conservare il ricordo di un camerata ucciso.

Cosa avrebbe a che fare con eccitazione ed erezioni? Nel suo precedente libro, X (Fandango), Valentina Mira racconta dello stupro subito da un ragazzo con la celtica al collo. Una cosa orribile, una cosa che ha avuto coraggio a raccontare, ma non una cosa, a giudicare da queste righe, che la aiuti a raccontare gli anni ’70 con la giusta distanza. Strano che nessun giurato dello Strega se ne sia accorto. Meno strano che qualcuno che quella storia non l’ha letta su Wikipedia si indigni. Capita all’ex parlamentare di An Enzo Raisi, che si sente chiamato in causa dalle ultime pagine del libro, che toccano la strage di Bologna, e sta valutando querela: «Vengono dette nel libro cose non vere. È molto livoroso... Sono rimasto allibito che sia stato mandato in finale».

E poi il libro ieri sera è finito dritto dritto a Otto e mezzo di Lilli Gruber che, un po’ confusa, ha dato il libro come già in cinquina e il tema dominante sono diventati i riferimenti del volume a quando Meloni andò a commemorare i morti di Acca Larentia. E nelle parole di Massimo Giannini (Repubblica) i dubbi espressi sul libro sono diventati il modo di questo governo di mettere le mani sul Premio Strega. Ci ha provato Mario Sechi a leggere parti del testo per fare capire dove fosse il problema. E cioè la partigianeria che non ha rispetto per la Storia. Ma si sa, la tv non è fatta per i discrimini di realtà in una narrazione che si vende come realistica. Gruber si è limitata a un: «Mira non fa la storica».

Ma lo Strega dovrebbe farle, quelle distinzioni.

Commenti