
Geniale, ricco di colpi di scena, dalle atmosfere incredibili e suggestive. Matthew Blake firma ancora un giallo avvincente e ad alta tensione, da leggere tutto d'un fiato. È il suo secondo libro, dopo il successo di Anna O thriller dell'anno per il New York Times, un esordio sorprendente che ha lanciato Blake nell'empireo degli scrittori di fama, e ora la storia diventerà anche una serie su Netflix. In quest'ultima opera l'autore, invece, si interroga sui ricordi e su quanto possano essere rischiosi e anche fatali. Il nuovo romanzo si intitola Un omicidio a Parigi (pagg. 384, euro 20) è pubblicato da La Nave di Teseo, e riserva adrenalina, suspence, segreti che affondano nel passato e possono addirittura rivelarsi letali. Al centro della narrazione la stanza numero 11 del lussuoso hotel Lutetia, il più bello della Rive Gauche di Parigi. Che cosa è successo davvero nei suoi fastosi corridoi?
I ricordi possano essere spesso scomodi e perfino molto pericolosi. Come nel suo ultimo romanzo. Che cosa la affascina della mente umana, il fatto che sia incomprensibile?
«È tutto interessante quello che ruota intorno alla mente. È un mistero, un rebus, buona parte del suo funzionamento. Che cosa ci spinge ad agire, il passato, i ricordi, le nostre esperienze».
E che cosa ne pensa delle manipolazioni, che sono centrali nel suo libro?
«Possiamo subirle, anche da bambini, confondere i nostri ricordi con esperienze che ci vengono raccontate da altri, da nostra madre per esempio, o da qualcun altro che ci è vicino, i cosiddetti falsi ricordi. Attraverso la psicoterapia si tenta di sciogliere questi enigmi che abitano e aggrovigliano la nostra mente».
Che cos'è che più l'ha colpita della cosiddetta sindrome della rassegnazione di cui ci parla nel suo sorprendente romanzo d'esordio Anna O?
«È una esperienza inspiegabile ma che può capitare all'uomo. Il compiere degli atti in uno stato di incoscienza e non ricordarlo. In questo caso si sollevano anche degli interrogativi morali e giuridici importanti. Chi è il colpevole se l'azione è stata realizzata in uno stato di non veglia? Chi bisogna considerare responsabile? Ci sono molti episodi in cui persone compiono omicidi ma non lo ricordano».
L'ha agevolata l'aver studiato Lettere ad Oxford e fare lo speechwriter a Westminster per diventare uno scrittore o pensa che il talento sia fondamentalmente innato?
«Entrambi gli aspetti sono fondamentali, il talento e lo studio. L'approfondimento della letteratura mi ha insegnato ad usare con più efficacia la lingua, a costruire una storia e a dare il giusto ritmo agli eventi che vi accadono. L'attività di speechwriter mi ha aiutato nel creare i personaggi e i loro caratteri, come agiscono, parlano, la loro visione della vita e del mondo».
Che ricordi ha del periodo in cui ha lavorato a Westminster?
«È stato molto eccitante, ricordo l'elezione di Donald Trump, il momento della Brexit, istanti indimenticabili».
Come ha vissuto il suo enorme successo in campo letterario?
«È stato molto bello perché hai la possibilità di incontrare tante persone e di confrontarti con uomini e donne da tutte le parti del mondo. Dalla Mongolia alla Cina, ti arrivano messaggi di lettori, ed è anche interessante occuparsi della traduzione del testo, entrare in contatto con altre culture».
Nel thriller psicologico Anna O sembra voglia dirci che il confine tra preda e predatore, tra vittima e carnefice, tra innocente e colpevole è sempre effimero e volubile. Ci può spiegare meglio?
«È così, soprattutto quando una persona è affetta dalla sindrome della rassegnazione. Sembra che un incubo diventi realtà e non si riesce a distinguere ciò che è vero da ciò che è falso. E' di nuovo il mistero della nostra mente».
Ora uscirà anche una serie su Netflix su Anna O. Com'è stato per lei vedere trasposto in video il suo racconto?
«Sono eccitato all'idea perché la mia opera letteraria verrà conosciuta in tantissimi Paesi».
La psicologia tenta di svelare alcuni segreti del funzionamento della nostra mente. Lei pensa che sia una disciplina sempre affidabile e che abbia status di scientificità?
«Soprattutto ai primordi della psicologia con Freud lo era, i suoi libri sono quasi delle detective story. Dei contemporanei leggo anche Oliver Sacks, i suoi sono proprio dei casi studio. È interessante osservare la vita, gli uomini e vedere cosa accade. E' molto avvincente».
Che cos'è l'inconscio per lei?
«È un concetto affascinante, la mente è un enigma, la mente, non il cervello, sono due cose differenti. Tutto ciò che la riguarda è intrigante: i sogni, i pensieri, gli incubi. Nessuno sa ancora da dove nascano e come si formino i sogni. La mente è un mistero sociale, ma lo è anche per la scienza medica».
Qual è il segreto del
successo?«Non ascoltare i consigli di chi ci sta vicino, tutti ci dicono fai questo, non fare quello. Bisogna avere fiducia solo del proprio istinto, esclusivamente noi sappiamo cosa custodiamo al nostro interno».