L'amore longevo

Nel suo 25esimo anno, La Milanesiana affronterà il tema del diritto con quattro appuntamenti a Milano al Santuario di San Giuseppe in Largo Victor De Sabata dall’11 al 14 giugno

Antonella Boralevi
Antonella Boralevi

La Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, si dedica anche in questo venticinquesimo anno al tema del Diritto con quattro appuntamenti a Milano al Santuario di San Giuseppe (Largo Victor De Sabata) l’11, 12, 13 e 14 giugno, a cura del giurista, dirigente e notaio Piergaetano Marchetti.
Venerdì 14 giugno l’incontro dal titolo “Il diritto alla longevità” (in collaborazione con Solongevity) si tiene alle ore 12.00 al Santuario di San Giuseppe. Dopo l’introduzione di Piergaetano Marchetti segue il prologo letterario della scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva Antonella Boralevi. La giornalista e scrittrice Fiammetta Bonazzi coordina il dialogo tra l’autrice, scrittrice e docente di Editoria scientifica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano Eliana Liotta, l’avvocato Franco Toffoletto, il medico ricercatore, immunologo e cofondatore della società Biotech Solongevity Alberto Beretta e il giurista, dirigente e notaio Piergaetano Marchetti.

Albero giovane

Come si fa, a far durare l’amore? L’unica risposta sensata alla domanda è ovviamente un’altra domanda.

Perché noi vogliamo che l’amore duri?

Comincerei con l’unico strumento che mai ti delude: la letteratura.

L’amore longevo è di sicuro quello che la letteratura trova e mostra. Ettore e Andromaca, Abelardo e Eloisa, Romeo e Giulietta, Tristano e Isotta si ameranno per sempre. La letteratura li ha infilzati con lo spillo dell’eternità. Come Lara e il Dottor Zivago, nel mondo che si fa gelo, a Varykino, l’amante contemplerà il suo amore addormentato e non patirà più nessun ghiaccio.

La sontuosità della notte di gelo era indescrivibile. La pace era scesa nel suo animo. Tornò nella stanza illuminata e calda, e si mise a scrivere”.

Spirale verde

Spesso l’intellettuale studia l’amore per curare sè stesso. Roland Barthes ha scritto “Frammenti di un discorso amoroso” mentre soffriva la fine di un amore. Usava il bisturi della analisi linguistica per estirparne il cancro della fine. Ma altri, Alda Merini, per esempio, hanno saputo scindere l’amore dalla sua finitezza con un espediente , se ci pensate, favoloso. L’idea che l’amore basta a sè stesso. Io sono folle, folle, folle d'amore per te. Io gemo di tenerezza perchè sono folle, folle, folle perché ti ho perduto.

L’amore essendo un sentimento sociale a priori ( implica un io e un te) dipende dall’epoca in cui viene agito. A noi interessano qui solo gli ultimi cinquanta anni, e nell’Occidente. A partire dalla Rivoluzione industriale, l’amore è stato sottomesso al progresso. E siccome serviva la forza lavoro per far funzionare le nuovissime macchine, ecco che, dalla fine del Settecento, il matrimonio diventa necessario per stabilire i ruoli (marito e figli in fabbrica, la moglie a casa con le figlie a occuparsi di loro).

La borghesia, cioè la classe nata dal Progresso che del progresso ha bisogno per sopravvivere, stabilisce che il matrimonio debba durare per tutta la vita. Come il lavoro.

Rivoluzione industriale

Al posto dell’amore, entra in gioco la ragionevolezza. Il matrimonio combinato lascia la follia ( la devianza) della passione agli amanti. E perciò dura. Ma poi , cinquanta anni fa, arriva il Sessantotto e, tra le certezze che travolge, c’è anche quella della durata dell’amore. L’amore è libero, è qui e ora. L’amore vale proprio perché è un fiammifero che brucia. Il matrimonio adesso celebra l’amore e non più l’interesse.

E perciò tra i diritti fondamentale della persona c’è quello di sancirne la Fine col divorzio. Ed ecco lo schiaffo ruvido dei dati statistici. A oggi, le famiglie composte da una sola persona crescono il doppio di quelle tradizionali, che invece diminuiscono. Per dire:un milanese su due vive da solo. A oggi, un italiano su 4 ha più di 65 anni. La maggioranza ha almeno due acciacchi. Il costo sociale della cura, essendo per lo più gli anziani single, ricade sullo Stato. Di nuovo, come tra il fumo nero delle fabbriche della appena nata Rivoluzione Industriale, l’amore che dura torna a essere una necessità economica. Quindi, nel 2024, una possibile risposta alla domanda che ci siamo fatti all’inizio, “Perché vogliamo che l’amore duri?” potrebbe essere: perché ci conviene non essere soli da vecchi. Brutale ma oggettivo. Un grande esperto dell’amore è Fernando Pessoa.


Lisbona di notte

Un uomo che ha vissuto nella solitudine, e tra le scartoffie, nella saudade di Lisbona, è stato capace di dirci alcune parole necessarie sull’amore. Scomodissime. “ Ah La fatica di essere amato, di essere amato davvero! La fatica di essere l’oggetto del fardello delle emozioni altrui!”
Per una volta, nel “Libro della inquietudine”, l’amore ci viene indicato per quello che è: un terribile impegno. Una spaventosa responsabilità. E dunque si capisce perché negli ultimi decenni, dove l’io e il proprio personale benessere sono diventati centrali, l’amore longevo sembri a sempre più gente un incubo.
Un’altra spiegazione alla domanda “Perchè vogliamo che l’amore duri?” ha a che fare con la condizione fondante del sentimento amoroso.
Io e te. Un amore felice. È normale?
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?

Io e te

Quante cose sa, la letteratura. E non lo dico perché sono di parte. Waslawa Szymborska una volta di più tocca l’essenza, con le sue parole banali e poderose. Essere in due, amarsi, ci colloca dentro un A Parte che ci protegge dal mondo, allontana il dolore, esclude l’ansia. Conferisce significato alla mia esistenza perché la lega alla tua, e viceversa. Il principio transitivo e assoluto dell’amore.
Se mettiamo accanto Pessoa e Szymborska troviamo (forse) la spiegazione a un dato statistico assai interessante: la crescita dei secondi matrimoni, spesso tardivi, cioè over 60 anni. Insomma: l’amore che dura torna a avere a che fare con l’interesse. Quindi con la ragionevolezza.
Ma non possiamo lasciarci con questa cinica osservazione. Proviamo a chiedere a Erich Fromm. Negli Anni Settanta il suo saggio “L’arte di amare” diventò il libretto rosso di una maggioranza di giovani (appena nati in quanto tali, perchè prima del 68 si passava dall’infanzia alla adultità). Piacque la teoria dell’ esaltazione sessuale dell’orgasmo come stato analogo a quello indotto dalle droghe. E piacque la dimostrazione del conformismo della società democratica, fatta spiegando che noi non ce ne accorgiamo, perché ci divora la paura del restare isolati.
Quindi, vogliamo che l’amore duri perché non vogliamo restare soli.
L’idea che ci dorme in petto è che da soli non valiamo abbastanza.

Cielo dipinto

In effetti, se ci pensate, dire “io ti amo” significa “Tu che stai lassù in alto, chinati a guardare me, assetato del tuo amore e del tuo sguardo e portami con te nel tuo Paradiso”. E infatti, quando l’amore NON dura, e finisce, chi viene abbandonato sempre supplica “Non lasciarmi solo”. Ne me quitte pas, cantava Jacques Brel.
La psicologia, circa 50 anni fa , nel 1978 ha identificato il complesso dell’impostore. . Si deve a due psicologhe americane Imes e Clance. Consiste nella incapacità a interiorizzare i propri successi. Chi ne soffre, si ritiene un bluff, un fake, pensa di non meritare il ruolo che la società invece gli riconosce. L’opposto è la sindrome di Duning- Kruger. Cioè la distorsione percettiva per cui siamo indotti a pensare ,quando veniamo criticati, di essere invece bravissimi, ma incompresi. Se proviamo a applicare questi due comportamenti psichici all’idea dell amore longevo , ricaviamo alcuni elementi che a me sembrano interessanti.

Lettino di Freud

In amore ci sentiamo spesso inadeguati, non meritevoli dell’amore che abbiamo suscitato. Per questo ci risulta quasi impossibile attribuire all altro il difetto di non essere più innamorato. Chi viene lasciato, pensa spesso che sia per colpa sua. È un riflesso condizionato.
E per questo vogliamo che l’amore duri. Pensiamo di valere solo se siamo amati. E pensiamo che saremo amati, se sapremo meritarcelo.

Questo è un inganno, l’ennesimo, della parola AMORE.
L’amore non è un premio. L’amore è un diritto.
Ogni essere umano ha il diritto di essere amato solo e soltanto per una ragione.
Perché è nato. Poiché è venuto al mondo, il mondo lo deve amare.
E amare significa rispettare: la sua dignità, la sua integrità.
Proteggerlo. Non depredarlo. Non umiliarlo. Non sottometterlo.
Allora per far durare l’amore, possiamo ispirarci a Kant.


Tutti gli uomini sono un fine, e non un mezzo.
Eccoci accanto al nostro amore.
In piedi. Alla pari.
Uguali ma non uniformi.
L’intimità è il legame.

Neonato tra le mani

L’essere ciascuno nudo per l’altro, nell’anima e nel corpo.
Ecco, questo è per me l’amore longevo.

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