Il lato oscuro della Silicon Valley: così le Big Tech Usa minacciano la democrazia

Da Google ad Apple, da Facebook ad Amazon, le Big Tech statunitensi hanno cambiato la nostra vita. Non sempre in meglio. E per di più senza rendercene conto

Il lato oscuro della Silicon Valley: così le Big Tech Usa minacciano la democrazia

Tutti li conoscono. Tutti li usano o possiedono almeno un loro prodotto. Tutti sembrano non poterne fare a meno. Le Big Tech della Silicon Valley si sono imposte come principali protagoniste dell'ordine globale. Allo stesso livello, o addirittura su un gradino più in alto, dei governi nazionali. Da Google ad Apple, da Facebook ad Amazon, le grandi compagnie hi-tech statunitensi hanno cambiato la nostra vita. Non sempre in meglio. E per di più senza rendercene conto. Mentre le persone comuni sono rimaste vittime di un meccanismo a metà strada tra l'assuefazione e la dipendenza (è sempre più difficile staccarsi dallo schermo dei nostri smartphone), negli Stati Uniti - ma non solo - i leader politici progressisti hanno sfruttato la novità per imporre la loro agenda. C'è questo e molto altro nelle pagine di Big Tech. Sfida alla democrazia, l'ultimo libro di Roberto Vivaldelli da Giubilei Regnani nella collana "I tornanti" curata dal responsabile del Giornale.it, Andrea Indini.

Il potere delle Big Tech

"Se abitasse davvero nell’Oregon, Vivaldelli non potrebbe commentare l’attualità statunitense con il giusto respiro, come fa regolarmente su ilgiornale.it, né scrivere un saggio come questo, che ha un grande pregio", si legge nell'introduzione al libro scritta dall'ex presidente Rai, Marcello Foa. Ed è proprio così visto che, pagina dopo pagina, l'autore riesce a illuminare la parte nascosta della Luna, e cioè la Silicon Valley diventata sistemica, deus ex machina della nostra quotidianità, settore trainante dell'economia mondiale, nonché variabile chiave in grado di decidere la sfida geopolitica tra Stati Uniti e Cina per la supremazia del XXI secolo.

Quando parliamo di Silicon Valley, dunque, non dobbiamo pensare soltanto all'ultimo modello di iPhone o alla nuova funzionalità di Facebook o Instagram. Dietro alla copertura superficiale di uno dei fenomeni più invasivi del nostro tempo, troviamo infatti lo strapotere delle Big Tech. Uno strapotere sviluppato di comune accordo con una parte importante dell'establishment di Washington. Uno strapotere capace di generare effetti indesiderati, come la censura sui social, ufficialmente per contrastare le campagne di disinformazione delle potenze nemiche, Cina e Russia, ma in realtà per estromettere opinioni non conformi al mainstream.

Social media e quotidianità

Molti usano i social media per svago, senza interrogarsi su rischi ed effetti di un'abitudine consolidata. Vivaldelli dedica svariati capitoli alle implicazioni che queste piattaforme hanno sulla nostra convivenza sociale e persino sulle nostre facoltà mentali. Di pari passo, ricostruisce anche le connessioni invisibili, ma sempre più evidenti, tra la Silicon Valley, casa dei suddetti social e delle citate Big Tech, e il Pentagono.

Come spiega l'autore, più della metà delle persone nel mondo utilizza i social media (58,4%), e dunque parliamo di circa 4,62 miliardi di persone. Altri dati preoccupanti: il tempo medio giornaliero trascorso utilizzando i social media è di due ore e ventisette minuti; le piattaforme social hanno quasi triplicato la loro base di utenti totale nell’ultimo decennio, passando da 970 milioni nel 2010 a oltre 4,48 miliardi nel luglio 2021; su 7,87 miliardi di persone nel mondo, il 56,8% della popolazione utilizza i social network, indipendentemente dall’età o dall’accesso a internet; su 4,8 miliardi di utenti internet, il 93,33% sono utenti attivi. E potremmo continuare ancora, citando i numeri elencati con precisione da Vivaldelli.

C'era una volta la Silicon Valley

C'era una volta la Silicon Valley, fucina di invenzioni e innovazioni. Oggi, a differenza di quanto immaginiamo, attorno alle coste meridionali della Baia di San Francisco, nella progressista California, è sorto un feudo liberal. Non solo: l’economia della Silicon Valley è passata dalla produzione di computer alla ricerca, sviluppo e commercializzazione di prodotti e software per computer. Ma è passata anche ad avvicinarsi sempre di più al mondo della politica, rigorosamente liberal-progressista.

Le aziende di Big Tech, non a caso, hanno investito molte risorse per consentire al candidato democratico Joe Biden di vincere le elezioni. Giusto per capirsi, i dipendenti di Alphabet, Amazon, Apple, Facebook, Microsoft e Oracle hanno elargito donazioni a Biden quasi venti volte di più rispetto all’ex Presidente Donald Trump.

In un contesto simile non manca, poi, chi ha fatto affari d'oro con le società Big Tech. Gran parte della ricchezza di Nancy Pelosi e di suo marito, Paul, ad esempio, è dovuta a decisioni redditizie e fortunate su quando acquistare e vendere azioni e opzioni nelle stesse industrie e società su cui Pelosi, in qualità di presidente della Camera, avrebbe dovuto esercitare un’influenza enorme e diretta.

Entrambi gli schieramenti – democratico e repubblicano – vogliono intervenire a livello legislativo per frenare lo strapotere delle Big Tech. Le due parti hanno due obiettivi molto diversi: i democratici intendono porre serie limitazioni al free speech, mentre i repubblicani chiedono che le aziende Big Tech si prendano le loro responsabilità da editori a tutti gli effetti.

Nel frattempo, le stesse Big Tech hanno eclissato i grandi consumatori di lobbying del passato, da Big Oil passando per Big Tobacco. Il presente è diventato un loro affare. E, di questo passo, anche il futuro.

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