
1° Maurizia Di Stefano con «Mare More»
Non tutti i viaggi, purtroppo, sono viaggi di piacere. Ci sono viaggi di lavoro, viaggi fatti per disperazione, fuga, per andare incontro a qualcosa o scappare da qualcos’altro. Poi ci sono i viaggi dei bambini e dei ragazzini, che comunque, del viaggio, qualunque viaggio sia, sono capaci di vedere il lato avventuroso, di assaporare la meraviglia del nuovo. La protagonista di questo racconto è una donna che racconta la sua infanzia felice di ragazzina sovietica in Bielorussia che viene interrotta quando accade il disastro nucleare di Chernobyl. Come per moltissimi bambini di quella zona, l’Italia diventa la sua “casa” estiva, dove recuperare salute, lontana dalle radiazioni. La scoperta del mare, che in ucraino si scrive mope e si pronuncia more: il Mare More è la speranza, la scoperta di una possibile felicità. Con una scrittura misurata ed elegante Di Stefano racconta in poche pagine il dolore dei distacchi, delle delusioni e della crescita, delle innumerevoli volte in cui, in una vita, si è costretti a ricominciare da capo. Una storia che è storia singola, ma anche storia di una generazione, di un disastro ambientale che ha segnato la memoria collettiva e del legame di solidarietà tra due Paesi.
2° Franco Revello con «Il segnalibro»
Una foglia intraprende un lungo viaggio, diventando segnalibro e confidente del lettore: un’idea originale raccontata con tono lieve e partecipe. La protagonista si affida a una voce inaspettata e ironica, che osserva il mondo e le storie contenute nei libri con stupore e saggezza vegetale. La leggerezza non è solo nello stile, ma nella visione: la foglia, portata via dal vento, finisce per trovare un suo posto nel viaggio di un altro. Il ritmo è leggero, mai superficiale, come una passeggiata tra le pagine di un libro amato. Un racconto che scivola con grazia e lascia un’impronta lieve ma persistente.
3° (EX AEQUO) Riccardo Grasso con «Caporale Express»
Con una lingua evocativa e vivida, “Caporale Express” emerge per l’intensa capacità narrativa di raccontare una realtà sommersa e drammatica: quella dello sfruttamento e del caporalato nei campi agricoli italiani. I personaggi di Riccardo Grasso si muovono in uno spazio ai margini – “I dannati”, un luogo in cui “ogni accrocco edilizio si guadagna prima o poi un nome proprio” . Incarnano un’umanità che, tra sogni di fuga, canti notturni e violenza, va incontro al proprio tragico destino, senza indulgere nel sentimentalismo, ma cercando nel racconto stesso delle loro esistenze una parvenza, se non di giustizia, di consolazione.
3° (EX AEQUO) Edoardo Maresca con «L’uomo in fuga»
Con il piglio dello scrittore che si confronta con i grandi scrittori, Edoardo Maresca torna sulla celebre fuga con cui si concluse la vita di Tolstoj. Più che la scrittura magistrale conta il ritmo del racconto. È il ritmo dei pensieri che spingono il vecchio scrittore ormai idolatrato su treni anonimi in cui lentezza e velocità non sono che parole.
Le vicende conosciute s'intrecciano alla rielaborazione letteraria. E mentre il delirio del vecchio si compie nella più tragica consapevolezza (“Non posso fuggire da me stesso.
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