Nat King Cole, amore e nostalgia nella Lima degli anni '50

Pubblichiamo un estratto di Non aspettatemi ad aprile, magistrale romanzo del peruviano Alfredo Bryce Echenique tradotto per la prima volta in italiano dalle Edizioni Medhelan

Nat King Cole, amore e nostalgia nella Lima degli anni '50

Si avvicinava la sera, era l’ora dell’imbrunire, diventava sempre più buio e c’era fumo e ancora fumo sulla panchina Marconi e bisognava tornare a casa. Momento in cui Manongo aspirava a fondo l’aroma di tutto il mondo intero e con i suoi nuovi amici si incamminava sulla strada del ritorno percorrendo Los Castaños fino a Javier Prado. All’angolo lui girava a sinistra e loro proseguivano dritto, diretti al quartiere Marconi. Lì sarebbe andato ad aspettarli il giorno dopo, la mattina dopo. E avrebbero trascorso ore e ore a prendere per il culo l’ebreo della Farmacia Marconi e il cinese della bottega Pen Ku e i giapponesi dell’ortofrutta o del fiorista di fronte, mentre Pájaro mammine a passeggio col passeggino o senza, meticce che passavano per andare in farmacia, e guarda il cinese, e guarda il muso giallo, un apprezzamento lanciato da qualche parte e poi la sua frase da compagnone filosofo: «Lasciate che i fanciulli vengano a me, che dietro di loro ci sono anche le loro domestiche». Terribile Pájaro quando gridava a un gelataio di Donofrio, quando ormai il povero meticcio li aveva superati da una cinquantina di metri pedalando sul suo carretto zeppo di gelati e con la cornetta in bocca: «Che cos’hai, ehi, che cos’hai?». E quando il povero cholo tornava indietro in salita, arrancando dietro il carretto, e finalmente si fermava e diceva che aveva ricoperti al cioccolato, Alaska alla frutta, ghiaccioli, coni, biscotti, gli rifilava il suo eterno «No, amico, che cos’hai che sei così pallido?». Ognuno tornava a pranzo a casa sua, Manongo camminava fino al suo quartiere sconquassato, avrebbe incontrato Adán Quispe tutte le volte che poteva e per niente al mondo avrebbe saltato il suo appuntamento pomeridiano in piscina.

E aspirava il mondo intero tutto d’un fiato e più che le bravate di Pájaro o lo spirito di Giorgio o l’ironico sorriso di Jonás gli piacevano i discorsi di Jorge Valdeavellano. Jorge sembrava avergli chiarito un mistero, come se non bastasse. I suoi genitori lo avevano ritirato dal Markham, o meglio, più che altro gli avevano evitato un’espulsione, e gli avevano raccontato che anche quel suo nuovo amico, Manongo Sterne, sarebbe andato in un collegio britannico. A dire il vero mancava ancora un mese e mezzo e Jorge non sapeva nemmeno come si chiamasse quel collegio, ma aveva sentito dire che sarebbe stato lontano da Lima, verso Chosica o Chaclacayo e, Manongo, siamo fregati, credo, siamo fregati perché sono quasi sicuro che si tratti di un internato severo, una roba da inglesi di merda, cazzo, vuoi un’altra Inca? I suoi genitori alla fine confermarono la brutta notizia a Manongo. Se l’erano tenuta tutta per loro, zitti zitti. Ma che diamine, Jorge aveva ragione: mancava ancora un mese e mezzo, un mese e mezzo, mancava un mese e mezzo di quest’estate che, per di più, non sarebbe finita mai.

Perché c’era Da qui all’eternità di Deborah Kerr e Burt Lancaster, per esempio. Perché Nat King Cole cantava Unforgettable, perché Lucho Gatica gli rispondeva con Todo el amor del mundo, El reloj, Contigo en la distancia, La barca, Tú me acostumbraste e Sabor a mí e, a sua volta, Nat King Cole replicava con Blue gardenia e Dinner for one, please James e Lucho Gatica con Yo vendo unos ojos negros (chi me li vuole comprare?) e Nat King Cole rispondeva ancora, in spagnolo, niente meno che con Cachito mío, Adelita, Yo también vendo unos ojos negros, sì, Nat King Kole gli rispondeva con Ansiedad e c’erano anche le incredibili canzoni di Frankie Lane e di Johnny Ray e i suoi lamenti da diventare sordi e le diavolerie di Bill Haley e i suoi Cometas e la terribile Written in the wind dei The Four Aces e i Platters iniziavano a farsi spazio nei cuori con O’o’ only you… e che mi dite di Elvis che assestava colpi bassi con Love me tender. C’era quella musica fatta per amare e poi c’erano Bienvenido Granda, Pérez Prado, Daniel Santos, ah, Daniel, altri tanghi e rancheras nei bordelli per avvicinarsi con un malcelato terrore alla prima scopata della mia vita, anche se non era proprio la prima perché già ce n’era stata un’altra, che la chola di casa mia… La crudeltà tra un passo e l’altro durava quanto la distanza tra San Isidro o Miraflores, passando per Lince, fino a raggiungere finalmente gli oscuri e infernali meandri in cui degenerava sempre più il quartiere di negri de la Vitoria. Era immensa la strada in quei brevi e interminabili limiti della distanza notturna che conduceva fino alla musica infernale di una bella guaracha.

Aprile
Traduzione di Giuliana Calabrese, pp.720, euro 32

In altre parole, le feste erano il paradiso, ma Manongo non lo invitava ancora nessuno a nessuno straccio di festa perché non conosceva nemmeno uno straccio di ragazza e non volesse il cielo che, tra decine di ragazze bellissime, decine di ragazze bellissime spifferassero proprio alla sua che era arrivato quel frocetto di Manongo Sterne, che ci fa in mezzo alle donne? Che ci fa in questioni da uomini? Nonostante ciò, una sera Manongo aveva rischiato insieme a mezzo quartiere Marconi con tutta una ciurmaglia di ragazzini che, come Pájaro e Jonás, erano stati sospesi da scuola, dai maristi di San Isidro e di Miraflores, preti spagnoli.

Nat King Cole in inglese e in spagnolo, Lucho Gatica nella lingua impossibile dei boleri, che non alludono a nulla di reale ma che lì tutti capiscono, sentono e sognano e, mentre avvicinano una guancia alla compagna, cheek to cheek, si perdono nervosi nella propria immaginazione, nervosi ma sempre col fare da conquistador, ovvio.

Ragazzine bionde, con i capelli del colore del grano, ma tutte abbronzate dal sole di un’estate in pieno splendore, ah, che aprile non arrivi mai, che il ritorno a scuola, il ritorno a quei maledetti banchi non arrivi mai, che esista soltanto e per sempre, come nella canzone che adesso canta Lucho Gatica, quell’abril en Portugal, la cui luna è ideal, immortale come gli amori degli studenti, oggi un giuramento, domani un tradimento, Dio mio, che non arrivi mai l’aprile scolastico, che duri per sempre l’aprile di un giuramento.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica