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La ragazza che ascoltava i gatti: un lungo viaggio per ritrovare sé stessi

Dopo il successo, con oltre 80 mila copie vendute, Thomas Leoncini torna in libreria con un romanzo intenso e delicato che intreccia viaggio, memoria e riscoperta personale

La ragazza che ascoltava i gatti: un lungo viaggio per ritrovare sé stessi

Dall’autore bestseller Thomas Leoncini capace di parlare al cuore dei lettori, con oltre 80 mila copie vendute, esce "La ragazza che ascoltava i gatti" (Sperling&Kupfer) un romanzo intenso e delicato che unisce l’intimità di un diario di viaggio alla potenza della riscoperta della propria identità. Un viaggio lontano per ritrovare qualcosa di sé.

Anna Midori Bennett ha il cuore diviso tra due mondi: gli Stati Uniti dove è cresciuta e il Giappone che non ha mai conosciuto, ma che sente pulsare dentro di sé come una radice nascosta. Quando le viene affidato un reportage a Nekomitsu, villaggio remoto e fuori dal tempo, la linea tra lavoro e destino si fa sottile. In quel luogo sospeso, fatto di silenzi, tetti di paglia, e gatti che sembrano custodire segreti antichi, Anna si ritrova a fare i conti con una storia familiare mai raccontata fino in fondo.

Ma il Giappone non è solo il passato: è anche il presente che la chiama a cambiare. Tra i gesti discreti della locandiera Akiko e l’incontro inaspettato con Leo Ricci Bellini – uno scrittore italiano in cerca di un altrove – Anna scopre che non sempre bisogna andare lontano per ritrovarsi. A volte la vera svolta arriva quando si smette di cercare risposte e si impara ad ascoltare il silenzio. Un romanzo che scivola come una carezza tra le pagine, raccontando la bellezza dell’imperfezione, il potere della memoria e il coraggio che serve per appartenere, finalmente, a sé stessi. Ne abbiamo parlato con l’autore.

L'intervista

Dopo molti saggi di grande successo, cosa l’ha spinta questa volta verso la dimensione del romanzo?

"La realtà ha bisogno di nuove forme per essere detta e dopo tanti libri di saggistica ho sentito che la verità psicologica non può sempre essere spiegata: a volte dev’essere evocata. Il romanzo mi ha permesso di far parlare ciò che, in un saggio, resterebbe silenzioso: le emozioni, i ricordi, i sogni non ancora interpretati. “La ragazza che ascoltava i gatti” nasce dal bisogno di restituire alla parola la sua funzione terapeutica e poetica: non solo dire, ma sentire attraverso le immagini".

Il viaggio è un punto focale del libro; quello reale, ma anche quello dell’anima. Cosa raccontano queste due diverse dimensioni?

"Ogni viaggio esteriore è una metafora di un viaggio interiore. Anna, la protagonista, attraversa l’oceano per cercare le proprie radici, ma in realtà sta tentando di incontrare se stessa. Il viaggio geografico la espone alla distanza; quello interiore alla verità. E in entrambi, come nella vita di ciascuno, non si torna mai indietro uguali a prima".

Ha scelto di raccontare due luoghi molto diversi: gli Stati Uniti dove vive la protagonista e il Giappone luogo della sua anima, come queste due realtà sono state fondamentali nel racconto?

"L’America rappresenta il mondo della velocità, del fare, dell’esteriorità. Il Giappone invece è il luogo del silenzio, della memoria, della sacralità delle piccole cose. Anna è sospesa tra queste due forze come lo siamo tutti: tra l’urgenza di costruirci e il bisogno di ritrovarci. In lei si incarnano due civiltà, ma anche due modalità dell’essere: quella che cerca e quella che ascolta".

Seppur per la protagonista è un luogo mai visitato in Giappone ha subito la sensazione di "sentirsi a casa", quanto è salvifico questo "sentire" nella vita di ognuno di noi?

"È la più alta forma d’amore. Sentirsi a casa non significa appartenere a un luogo, ma essere accolti da una presenza, anche interiore. È quando smettiamo di fuggire da ciò che siamo che comincia la guarigione. In fondo, ogni incontro con l’altro è un tentativo di ritornare “a casa”, dentro di sé".

La paura della verità, di scoprire cose che non ci piacciono, è un punto focale nella crescita di una persona, come la protagonista è riuscita a vincerla e come questo impatta nei lettori del libro?

"Anna comprende che la verità non è qualcosa che ci punisce, ma qualcosa che ci libera. Accettare la verità su sé stessi è un atto d’amore, non di giudizio. Credo che i lettori accompagnandola in questo cammino riconoscano una parte di sé: quella che ha paura di guardarsi, ma che desidera farlo più di ogni altra cosa".

Anna Midori Bennett è una protagonista sospesa tra due identità, tra due mondi. Quanto c’è di lei in chi, come molti oggi, si sente “diviso” o in cerca di una radice?

"Siamo tutti figli di più appartenenze perché viviamo in epoche ibride, in cui le radici non sono più geografiche ma emotive. Anna rappresenta il disagio contemporaneo di chi non sa dove stare, ma anche la grazia di chi scopre che si può appartenere al proprio sentire. È una figura universale: non ha un solo volto, ma mille volti interiori".

Per la seconda volta nei suoi scritto una parte importante è quella rappresentata dai gatti, animali un po’ totemici. Che rapporto ha lei con questi animali e cosa di così importante insegnano?

"Il gatto non obbedisce, non mendica, non recita: semplicemente è. È l’immagine vivente dell’autenticità, della libertà che non ha bisogno di approvazione e nei miei libri il gatto rappresenta la parte più integra dell’anima umana: quella che sa tacere, ma sente tutto. Anna impara ad “ascoltare i gatti” per imparare ad ascoltare se stessa".

Il tempo a Nekomitsu sembra fermarsi, o almeno rallentare. Quanto è importante oggi, in un mondo che corre, raccontare storie in cui “il tempo lento” cura e trasforma?

"Viviamo in un’epoca che ha smarrito la lentezza, e con essa la profondità. A Nekomitsu il tempo non si ferma, respira: concede agli esseri umani la possibilità di ascoltarsi. Il tempo lento non è un lusso, è una terapia e solo quando il ritmo rallenta, la vita inizia davvero a parlarci".

Il suo romanzo sembra parlare anche al lettore “ferito”, a chi ha perso qualcosa, a chi si sente “in transito”. Cosa spera rimanga nel cuore di chi chiude l’ultima pagina?

"Vorrei che chi legge sentisse una cosa molto semplice e rivoluzionaria: che non c’è ferita che non contenga in sé la possibilità della bellezza.

Ogni dolore se attraversato con coraggio si trasforma in forma d’amore. “La ragazza che ascoltava i gatti” non è solo un romanzo: è un invito a ricordare che, anche nei momenti più bui, possiamo ancora ascoltare la voce silenziosa della vita che ci chiama per nome".

La ragazza che ascoltava i gatti

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