Un ricordo personale di Giuseppe Parlato

Giuseppe Parlato è stato uno studioso che ha dato sempre tutto, con generosità e rare capacità di ascoltare, prima ancora che di essere ascoltato

Un ricordo personale di Giuseppe Parlato

Conosco Giuseppe Parlato alla metà degli anni Duemila; lui organizzava a Trieste, nella meravigliosa Piazza Unità, L’Aperitivo con la Storia, formula che nel tempo è diventata fortunata e utilizzava in molti altri contesti, coniugando un momento culturale con quello enogastronomico. All’epoca io ero un giovane dottorando di Giurisprudenza, lui già uno storico affermato. Chiunque volesse approfondire le correnti del fascismo e del neofascismo più vocate ai temi sociali doveva necessariamente passare attraverso i suoi scritti. Prima con La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, poi con Fascisti senza Mussolini aveva aperto squarci su percorsi storiografici ancora inesplorati, quanto delicati per i temi trattati. Entrambi i volumi furono editati da Il Mulino, una bella soddisfazione per un conservatore come lui.

C’era tra noi una distanza di età e di sensibilità che lui ha però sempre minimizzato, mettendomi incredibilmente a mio agio fin dalle prime occasioni. A dire il vero metteva tutti sempre a proprio agio, con un modo garbato e cortese con cui ridimensionava aneddoti e racconti, che dalle sue parole avevano un gusto sempre originale e particolare.

Sapeva rendere ovvie le narrazioni complesse, riusciva ad incuriosire anche il meno attento.

Era il tratto umano, infatti, a renderlo fuori dal comune: dopo essersi acceso un sigaro e mentre degustava la sua amata grappa – bianca e secca, quella del contadino per intenderci – era capace di ammaliarti per una notte intera, attraverso racconti ed episodi che rendevano la storia un percorso vivo, fatto di carnalità, di casualità, di scelte non preventivate o magari casualmente concretizzate.

Aveva personalmente conosciuto la quasi totalità dei protagonisti della prima Repubblica: Andreotti, intervenuto per presentare un suo libro, si era scusato in quanto, occupato nelle attività di governo, lo aveva potuto leggere solamente una volta sola. Mi raccontava con soddisfazione quando, giovanotto, riusciva a “rubare” i sigari che il Presidente Giovanni Spadolini regalava al suo maestro De Felice.

Aveva una innata capacità di trovare titoli azzeccati. Inoltre, chi lo ha frequentato ricorda bene le sue freddure, sempre pronte e brillanti, che lo contraddistinguevano. A suo dire, entrambe le doti le aveva ereditate dalle letture giovanili del Candido: non appena il padre, rientrato a casa, lasciava incustodita la borsa da lavoro, lui subito la frugava, per leggere l’ultimo “Contrordine compagni” di Giovannino Guareschi. Guareschi era certamente uno dei protagonisti della sua adolescenza, una passione che lo ha accompagnato per tutta la vita e a cui ha dedicato più di uno studio. Con sua moglie Giusy organizzava delle incredibili cene, tra cibo e storia, dove venivano serviti i piatti narrati nei racconti di Don Camillo e Peppone.

L’altro grande esponente della sua pianura padana cui era legato era certamente Gianni Brera: tante volte mi ha ripetuto che mi doveva portare a fumare un sigaro, che avremmo poi lasciato smorzato, davanti alla sua tomba, nel piccolo cimitero di San Zenone al Po.

Instancabile organizzatore di eventi culturali, grazie alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, che ha presieduto fino alla sua scomparsa, attorno alla quale ha cresciuto generazioni di allievi e di studiosi: un suo pallino era la creazione di un “archivio delle destre”, con cui raccogliere materiale degli esponenti del Movimento Sociale Italiano, ma non solo, in modo fossero facilmente fruibili e a disposizione degli interessati.

Un altro percorso culturale che lo ha visto coinvolto e protagonista in prima persona è quello collegato al tessuto culturale istriano, fiumano e dalmata, presiedendo il Comitato Scientifico del Centro di Documentazione Multimediale della cultura istriana, fiumana e dalmata, oltre che del Comitato 10 Febbraio. A lui si deve Istria nel Tempo, un progetto dei primi del 2000, prima ancora quindi dell’istituzione del Giorno del Ricordo, con cui avvicinare esuli e rimasti, nella ricostruzione del territorio quale elemento connettivo. Non intravvedeva nei confronti degli italiani una vera e propria pulizia etnica, come molti sostenevano, puntando maggiormente sulla lettura ideologica e sul piano titino di realizzazione del socialismo reale. Le recenti scoperte di centinaia di foibe dove sono stati risucchiati anche sloveni e croati gli ha dato ragione.

Nel 2023 il Direttore del Teatro Rossetti di Trieste ci chiama: vuole scrivere uno spettacolo sui cosiddetti “Moti del ’53” e sul ritorno della città giuliana all’Italia. Nessuno dei due, però, immaginava che ci avrebbe pure chiesto di recitare ed essere i protagonisti di quello spettacolo. Fu un’esperienza magnifica, lettura dopo lettura emergevano tutti i particolari che caratterizzano il caleidoscopio di una terra di confine, lacerata dalle ideologie e dai nazionalismi del Novecento.

Giuseppe Parlato è stato uno studioso che ha dato sempre tutto, con generosità e rare capacità di ascoltare, prima ancora che di essere ascoltato.

Per me è stato un Maestro, di vita prima che di accademia.

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