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La via della santità nella vocazione del matrimonio

Per gentile concessione della casa editrice Cantagalli pubblichiamo un estratto dell'introduzione di Elio Guerriero, curatore del volume Lettere. Una storia di amore e di speranza, nuova edizione dell'epistolario tra i coniugi Gianna Beretta e Pietro Molla. Gianna Beretta Molla, giovane pediatra morta nel 1962 dopo che le fu diagnosticato un fibroma all'utero mentre era incinta. Pur consapevole del rischio, decise di continuare la gravidanza e salvare la vita che portava in grembo. Fu canonizzata nel 2004 da San Giovanni Paolo II ed è oggi venerata come santa dalla Chiesa cattolica

La via della santità nella vocazione del matrimonio

Incontrai la prima volta l’ingegner Pietro Molla all’indomani della beatificazione della moglie Gianna Beretta nel 1994 per un libro intervista che ha conosciuto una notevole fortuna in Italia e nel mondo.

All’epoca mi parlò subito delle lettere della moglie, in particolare di quelle del periodo del fidanzamento, «una delle reliquie più toccanti che conservo di mia moglie». Già allora gli chiesi di poter pubblicare le lettere, ma egli saggiamente preferì attendere promettendomi, tuttavia, che mi avrebbe avvisato quando sarebbe giunta l’ora. Da galantuomo qual era mantenne la parola e in vista della canonizzazione della moglie, avvenuta poi nel 2004, mi telefonò per chiedermi se ero sempre interessato a curare la pubblicazione delle lettere di Gianna. Ovviamente risposi di sì, nello stesso tempo feci presente che ai fini della leggibilità e della completezza sarebbe stato utile pubblicare anche le sue lettere. Non rispose subito negativamente l’ingegnere, chiese del tempo per riflettere, ma alla fine mi comunicò la risposta che tutto sommato avevo previsto: aveva prevalso il riserbo. Dopo la sua morte, tuttavia, chiamai Gianna Emanuela, la figlia che si era prodigata in maniera straordinaria per assistere l’ingegnere negli ultimi anni, e che ora è l’anima della Fondazione Santa Gianna Beretta Molla, la quale mi disse che il papà le aveva parlato della mia richiesta e acconsentiva ora a pubblicare, insieme alle lettere della moglie, anche le sue. Davvero un uomo per il quale aveva valore la parola data.

Lo scambio di lettere tra santa Gianna Beretta e il marito Pietro Molla introduce un capitolo nuovo e significativo nella spiritualità cristiana. Meglio di un trattato di teologia, queste lettere sono una dimostrazione convincente che la via della santità non passa necessariamente attraverso la vita religiosa o il ministero sacerdotale, ma può dispiegarsi in mezzo al mondo, vivendo la propria vocazione di cristiani chiamati alla santità nella vita del matrimonio in Cristo. Questa antica verità (come è noto, negli Atti degli Apostoli, santi è sinonimo di cristiani) è stata ricoperta nei secoli dall’oblio, messa a tacere da un’antropologia che ricopriva di sospetto tutto quello che aveva a che fare con il corpo e la sessualità. Tra le diverse tipologie di santi (martiri, confessori, dottori, vergini) non sembrava esserci spazio per i tanti cristiani che avevano abbracciato la vita matrimoniale e l’avevano vissuta come la missione loro donata da Dio, come il campo in cui far fruttificare i loro talenti. Ancora di più, le poche persone sposate (Rita, Nicola di Flüe, Francesca Romana, Giovanna di Chantal, Luisa di Marillac) dalla Chiesa proclamate sante avevano quasi compiuto un’abiura del loro matrimonio. Gianna Beretta e Pietro Molla, invece, morirono nello stato matrimoniale e le loro lettere testimoniano la loro gioia per la vita di comunione nel matrimonio in Cristo, la forza e tenerezza del loro amore per i figli. Anzi, sollevando il velo sulla loro vita privata, fanno vedere che l’amore in Cristo nulla toglie alla bellezza dell’innamoramento, dell’attrazione e della passione per l’amato, al trasporto e alla volontà di dedizione per i figli. Al contrario, dal carteggio dei due coniugi questi sentimenti ci vengono incontro freschi, puri e gioiosi, ogni volta rinnovati dalla partecipazione alla liturgia della Chiesa e dalla comunione nella preghiera che tiene uniti i due sposi nella lontananza, nel dispendio di energie richiesto dalla nascita di nuovi figli, negli impegni di lavoro per ambedue esigente.

All’inizio di Meditazione sulla Chiesa il cardinale de Lubac ricordava le sofferenze di tanti cristiani costretti a parlare del mistero della Chiesa «che avrebbero voluto e dovuto soltanto adorare». Ciò nonostante egli riteneva giunto il momento di parlare della Chiesa, di gettare le basi di una solida ecclesiologia a causa delle incomprensioni cui nel tempo tra le due guerre era esposta la concezione della comunità fondata da Gesù Cristo. Ritengo sia oggi doveroso applicare il ragionamento del cardinale alla vita matrimoniale. Nel momento in cui la concezione cristiana del matrimonio viene fraintesa e irrisa da più parti, è giunto il tempo di mettere da parte il riserbo per proporre la bellezza entusiasmante della vita di comunione tra i coniugi, soprattutto contro il coro unanime dei detrattori; è urgente ripetere con l’esempio più che con la parola che il matrimonio cristiano è pienamente vivibile, è un modo razionale e umanamente gratificante di spendere la propria vita. Gianna, per Pietro, fu la donna della festa, la moglie che riusciva ad avvolgere la stessa quotidianità in una atmosfera di gioia. Pietro fu uomo del lavoro il cui eccesso di dedizione alla professione venne temperato e riequilibrato dopo il matrimonio. A sua volta uomo retto e devoto, realizzò con la moglie una comunione di vita e di preghiera che fu all’origine della serenità e della gioia della loro esperienza matrimoniale aperta ai figli accolti e cresciuti con amore e dedizione. Il volume è, dunque, un invito rivolto agli sposi cristiani a prendere in mano queste lettere, a leggerle con attenzione per scorgervi la possibilità concreta di vivere il matrimonio cristiano nell’amore, nell’entusiasmo del periodo del fidanzamento, nella gioia dei primi anni e delle prime maternità, nella cura per mantenere vivo ogni giorno il sacramento e la cura per l’educazione dei figli.

Anche la fatica del lavoro – avevano ambedue un lavoro impegnativo – può opportunamente collocarsi all’interno di questo quadro reso armonioso da un amore che, come ha ripetuto più volte Benedetto XVI, non nasce solo dalla prima attrazione ma va coltivato e si apprende ogni giorno.

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