Letteratura

La signora Harris va a Parigi: il libro è sempre più bello del film?

In occasione dell'uscita in sala dell'omonimo film, La signora Harris va a Parigi di Paul Gallico torna in libreria con una nuova veste, per camminare di pari passo con la pellicola che ha ispirato

La signora Harris va a Parigi: il libro è sempre più bello del film?

Dopo essere stato presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, La signora Harris va a Parigi arriva in sala a partire dal 17 novembre. Diretto da Anthony Fabian e interpretato da una bravissima Lesley Manville, è prima di tutto il titolo di un romanzo che Paul Gallico diede alle stampe negli anni Sessanta e che ora torna sul mercato grazie a Frassinelli con una nuova veste, per camminare di pari passo con la pellicola che ha ispirato.

La signora Harris

Di cosa parla La signora Harris va a Parigi?

Ada Harris lavora come domestica a ore in una Londra del primo dopoguerra, piena di promesse ma anche di ferite. Con il suo cappellino e la borsa stretta tra le dita, Ada Harris è una donna che nella vita ha conosciuto soprattutto fatica e sacrificio: una vita dedita al lavoro, soprattutto dopo la perdita del marito. Ma un giorno, mentre lavora per una delle tante clienti della Londra più facoltosa, gli occhi della signora Harris si posano su uno splendido abito della maison Dior e, da quel momento, ogni suo giorno è scandito dal desiderio di possedere un abito di Dior. Un capriccio, un qualcosa che quasi stona nella sua quotidianità fatta di pulizie e piccoli vasi di fiori con cui la donna cerca di smussare gli angoli di una vita davvero molto dura: eppure, pur riconoscendo la vanità che si cela dietro quel sogno, Ada Harris continua a mettere da parte i soldi necessari per volare a Parigi e comprare l'abito dei suoi sogni. Determinata e ottimista, la signora Harris di certo non può immaginare gli sguardi snob e arroganti che i parigini affiliati alla nota casa di moda le rivolgono.

Mostrare, non raccontare

Nell'immaginario collettivo esiste una sorta di dogma che pare incrollabile: quello, cioè, secondo cui una trasposizione cinematografica è sempre di qualità inferiore rispetto al romanzo di partenza. La signora Harris va a Parigi è invece la prova che, a volte, la settima arte riesce a tirare fuori il meglio da un'opera di letteratura, dandole un'altra vita che, senza il mezzo cinematografico, non avrebbe. Il libro di Paul Gallico è un racconto delizioso, una breve - siamo sotto le duecento pagine - commedia incentrata su una donna che insegue il suo ideale di bellezza e che, per una volta nella vita, vuole pensare solo a se stessa, a ciò che non è utile, ma bello. Tuttavia è comunque un libro che risale agli anni Sessanta e che presenta il suo processo di invecchiamento. Per gli standard del mercato editoriale di oggi, infatti, La signora Harris va a Parigi appare leggermente vecchio: non tanto per la storia, che in realtà funziona, ma per la scelta di ricorrere a un tipo di narrativa che oggi non affascina più come un tempo.

In letteratura esiste la famosa formula show, don't tell, un invito agli scrittori a rendere le proprie storie visive, a corredarle di azioni e dialoghi. Mostrare, appunto, invece che limitarsi a raccontare. Ecco, il libro di Paul Gallico risponde più a questa seconda esigenza. Si tratta di un vero e proprio racconto, nel senso letterale del termine: la maggior parte dell'azione è raccontata a posteriori, come se fosse un resoconto. Viene dunque meno quel grado di empatia che il lettore potrebbe sviluppare se si sentisse più incluso nell'azione. Un "difetto" che, invece, il film di Anthony Fabian ha risolto, aggiungendo personaggi e scene alla trama, rendendo la pellicola un vero e proprio spettacolo visivo che fa bene al cuore di chi guarda. Questo non significa che il libro di Paul Gallico non funzioni: al contrario, la prosa è accattivante e la costruzione del personaggio di Ada Harris, con le sue speranze e i suoi fallimenti, funziona tanto su carta quanto su pellicola.

Tuttavia si avverte come se mancasse qualcosa e il lettore si trova con una sensazione simile a quella che si prova quando ci si alza da tavola prima di aver avuto la possibilità di assaporare tutto.

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