Dai sommergibili a Salò: la storia del comandante Bardelli

Dai sommergibili al comando del Battaglione Barbarigo: quella del comandante Umberto Bardelli, medaglia d'oro al valor militare, è stata una piccola epopea guerresca. A 80 anni dalla sua morte, Lombardi pubblica una biografia dettagliata con documenti inediti

Dai sommergibili a Salò: la storia del comandante Bardelli
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Quale che sia la parte dalla quale si decida leggere la storia, quella di Umberto Bardelli, sommergibilista della Regia Marina e primo comandante del Battaglione "Barbarigo", è una storia italiana. Iniziata a Livorno nel 1908, con una nascita non meno lieta di tante altre, e terminata a Ozegna con una morte tragica. Non meno tragica di tante altre.

Chi lo presentava ottanta anni fa scriveva: "L'aveva nel sangue il senso del comando. Di statura media, tarchiato, la fronte alta a esprimere un'intelligenza fuori del comune, il volto striato da rughe profondissime, occhi mobilissimi, dallo sguardo sconcertante, uno sempre un po' sardonico, l'altro, al riparo del monocolo, che ti fissava acuto, imperioso, quasi a volerti estrarre dall'animo ogni più riposto sentimento".

Ufficiale del Genio Navale, fondatore e comandante del Battaglione Barbarigo della Xª Flottiglia Mas, Umberto Bardelli, Medaglia d'oro al valor militare, viene ricordato a 80 anni dalla sua morte da Andrea Lombardi in una biografia ricca di fotografie inedite, illustrazioni di C. Cherini e del tenente G.N. Attilio Giuliani, corredata delle documentazioni dell'epoca attraverso cui l’autore ha ricostruito minuziosamente la carriera militare del Comandante; esaminando nel dettaglio gli esordi nella Regia Marina, che lo videro protagonista nell’allestimento e nelle crociere di numerosi sommergibili tra gli anni '30 e '40, e percorrendo gli anni degli imbarchi in guerra come direttore di macchina per i quali fu insignito di due Medaglie di Bronzo al Valor Militare e di una Croce di Guerra al Valor Militare.

Per poi affrontare, nella seconda parte del libro e potremmo anche dire della storia del comandante Bardelli, la prosecuzione delle attività belliche dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943: nell'Italia spaccata tra le forze armate cobelligeranti che onorarono le prospettive concesse dai negoziati firmati in gran segreto a Cassibile dal generale Giuseppe Castellano e dal generale statunitense Walter Bedell Smith, e l'Italia che sarebbe diventata "repubblichina" dopo esser rimasta fedele a Mussolini, alla sfida di Salò e agli alleati tedeschi che diventarono di fatto una forza di occupazione.

Lombardi, esperto di storia bellica del XX secolo ed editore di Italia Storica, ripercorre quindi le missioni di Bardelli a Trieste e a Pola, l’arruolamento nella Xª diventata "banda nera" devota solo principe Junio Valerio Borghese, e approfondisce l'essenziale ruolo nella formazione del Battaglione Maestrale, solo dopo Battaglione Barbarigo in onore del doge Agostino Barbarigo che combatté i turchi a Lepanto, come il comando dell'unità impegnata a tenere il fronte ad Anzio e Nettuno. Terminando nell’organizzazione del 1° Reggimento F.M. San Marco della X, "sino alla tragica fine ad Ozegna" che vedrà la morte di Bardelli in un controverso scontro a fuoco con i partigiani capitanati da Piero Urati, nome di battaglia “Piero Piero”.

Interessante notare come le testimonianze di allora facciano già l'essenziale distinzione che oggi causa ancora accesi dibattiti tra chi non conosce la storia ma vuole impiegarla a tutti i costi nel dibattito politico: "Bardelli era venuto a ricordarci che alla fine del corso avremmo potuto chiedere di essere assegnati a quel Reparto di Fanteria di Marina, erede della Xª Mas delle epiche gesta di Alessandria, Malta, Suda e Gibilterra, e che aveva già dato un’ottima prova combattendo sul fronte di Nettuno contro gli angloamericani, vale a dire il Battaglione Barbarigo, da lui comandato, il primo Reparto organico della R.S.I. ad essere inviato al fronte dopo l’ignobile 8 settembre 1943". Ricorda il tenente Giorgio Farotti dopo il ritorno di Bardelli da Nettuno, dove gli angloamericani erano sbarcati il 22 gennaio del 1944. "Vestiva il Samurai, e non sprecò molte parole. Disse: 'ho bisogno di dieci Ufficiali per i miei reparti. Vi posso offrire soltanto la possibilità di crepare per l’Italia' e ci conquistò".

Il libro è basato sulla consultazione di documenti d’archivio inediti come lo stato di servizio del maggiore Bardelli, di fonti contemporanee, come il raro volumetto Il Comandante Bardelli edito nel luglio 1944 - entrambi riprodotti interamente in appendice - e testimonianze dei famigliari del comandante Bardelli e di veterani della Decima; che racconteranno come Bardelli,

accerchiato da forze soverchianti e in posizione svantaggiata, scelse di morire, contro la sua decisa volontà di non contrastare altri italiani come lui, gridando semplicemente ai suoi Marò: “Barbarigo non si arrende!".

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