Un lettore si confessa: «Amo molto la corsa, è la metafora della vita»

Caro Direttore,
volevo fare outing, con lei, e dichiararle il mio grande amore per la corsa. Ebbene sì, lo ammetto: sono un podista e me ne vanto. So che probabilmente mi tirerò addosso gli insulti di tanti autisti che ci vedono come il fumo negli occhi (ha mai corso la Maratona di Milano per rendersi conto di che astio ci sia verso chi corre?) ma secondo me la loro è solo invidia. Io, per assecondare la mia passione, mi alzo alle 6.30 del mattino. Non cambierei abitudini per nulla al mondo. È un momento tutto mio dove posso rilassarmi e staccare dal resto del mondo. Ufficio, famiglia, impegni scompaiono in quei 60 minuti dove esisto solo io, il mio cardiofrequenzimetro, il mio orologio e il rumore del mio passo. Una sensazione unica e un modo sano per riscoprire il proprio corpo. Perché quando inizi non riesci più a smettere. Anzi, incominci, come un drogato, a cercare tutto quello che ti possa far correre meglio. Non mi fraintenda; il vero podista bandisce le sostanze proibite. Io mi riferisco a quelle tabelline di preparazione tanto utili per raggiungere un determinato traguardo. Perché siano esse quelle finalizzate a farti correre per venti minuti consecutivi o quelle per completare la tua prima maratona, hanno tutte, per chi le segue, lo stesso effetto ipnotico e un po' magico che finisce per stregarti. Tanto da influenzare, a seconda dell'esito dell'allenamento, il tuo umore durante la giornata. La cosa bella, poi, è che l'età non conta. Anche uno di 70 e passa anni può tranquillamente partecipare a gare agonistiche. E poi, in quale sport, all'arrivo, possono essere tutti vincitori? Come è possibile? Perché ognuno corre per abbattere il proprio personale e poco conta la classifica finale se il cronometro ha premiato i nostri sforzi. Risultati che non nascono mai per caso ma dall'impegno costante, dalla serietà con la quale ci si allena, da tanto sudore. Non le sembra, la corsa, una meravigliosa parabola per spiegare anche il successo nella vita? Ora la lascio direttore perché da bravo atleta (ci sentiamo così) devo andare a letto presto: domani mi aspettano le ripetute.
- Trieste

Le ripetute? La maratona? Lei mi vuol far morire d’invidia, caro Pellicciotto, amico dal cognome assai più confortevole delle sue abitudini. Le confesso: da qualche tempo sono anch’io uno di quei pazzi che al mattino, magari sotto la pioggia, corrono e s’incrociano con sguardi complici, interrogandosi sui reciproci destini di runner di provincia («Sarà più o meno allenato di me?», «E anche sua moglie l’ha appena salutato con il consueto: ciao pazzo?»). Ma sono un superdilettante, un neofita goffo, faccio pochi chilometri e già ansimo, la maratona è lontana dalla mia vista più di un bacio di Belen Rodriguez. Quello che mi piace della corsa è che ti lascia solo con te stesso. Non ci sono telefoni che suonano, riunioni da convocare, appuntamenti da ricordare. C’è il silenzio, c’è la strada, e l’unico impegno è il prossimo passo da fare. E non so se è davvero una metafora della vita, però è bello trovarsi ogni tanto in una dimensione in cui ogni sforzo ha un senso e i risultati si ottengono solo con il sudore, perché le spintarelle non aiutano, ma al contrario fanno cadere.

Dopo un po’ che uno lo fa, diventa una specie di «droga» buona, una necessità del fisico e della mente. Io non so se a 70 anni ce la farò ancora a correre, dal momento che già adesso arranco. Però, ora che me l’ha fatto venire in mente, pioggia o non pioggia, domattina metto le scarpette anch’io...

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