«Zero a zero anche ieri quel Milan quiii - e il Rivera che ormai non mi segna piuuuu», cantava tanti anni fa Enzo Jannacci, in una bella canzone ambientata in una fabbrica milanese. A Roberto Vecchioni non averla scritta lui, quella canzone, deve essere sempre stato un po’ sul gozzo. Il tema del pallone e della fabbrica deve avergli continuato ogni tanto a frullare in testa. Così ieri mattina va in via Corridoni a parlare ai militanti della Cgil, convocati dai vertici camerali a sentire la lectio magistralis del professore-cantautore. E rifila a sindacalisti ed operai un pippone sul gol di Muntari annullato domenica scorsa.
Potrebbe sembrare un «fuori tema», rispetto alla scottante attualità. Ma in realtà è solo una comprensibile debolezza, un umano istinto di conservazione. Perchè se non si fosse messo a divagare sul pallone dentro-pallone fuori, magari a Vecchioni sarebbe toccato affrontare davanti alla platea di via Corridoni temi più scivolosi. Come magari quello della pensione, che il metalmeccanico di oggi vedrà chissà quando, e che per lui - baby pensionato dello Stato dall’età di sessant’anni - è invece una confortevole certezza. O di quei maledetti duecentomila euro chiesti per andare a tenere alto il prestigio della cultura napoletana, incarico precipitosamente abbandonato subito dopo che era sparito il generoso emolumento.
Insomma, meglio parlare d’altro. Anche perché quando, volenti o nolenti, si arriva a parlare dei temi che all’uditorio stanno più a cuore, a Vecchioni tocca un’impresa quasi disperata: parlare bene della Cgil ma anche di Mario Monti, dell’articolo 18 e del ministro Fornero che lo vuole cancellare. Parlare bene della Cgil bisogna, un po’ perché è la padrona di casa, un po’ perché se si ipotizza che a volte anche la Cgil possa toppare si passa subito per amici di Marchionne. Ma bisogna anche parlare bene del governo, perché è sobrio, è fatto di persone per bene anche se ricche sfondate, e insomma poi è sempre meglio di Berlusconi. Così il povero cantante deve funambolare ad altezze vertiginose: «Sono sicuro che queste trattative vadano per il meglio, il governo tecnico che abbiamo non è malissimo, anzi, molte cose le mantiene, alcune le corregge un pò troppo, ma le cose che fa le mantiene». E sull’articolo 18 «qualcosa si potrà cambiare, bisogna discutere caso per caso e specificare meglio le giuste cause, però il fondamento deve rimanere: per essere licenziati le cause devono essere gravi».
Insomma l’articolo 18 appena un pochettino lo si può toccare, anche se la Camusso dice che «non si tocca»: ma ieri Vecchioni l’applaudono lo stesso, perché i lavoratori della Cgil che son gente seria sanno che gli artisti sono fatti così, hanno la testa tra le nuvole e di politica capiscono poco, e poi devono pur campare in qualche modo.
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