Libano «Hezbollah dietro l’omicidio Hariri». Ma l’Onu congela le prove

C’è la mano di Hezbollah dietro l’assassinio di Rafiq Hariri. È la conclusione cui sarebbero giunti gli investigatori delle Nazioni Unite chiamati a far luce sulla morte dell’ex premier libanese ucciso in un attentato nel giorno di San Valentino del 2005. Secondo il settimanale tedesco «Spiegel», che cita fonti giudiziarie e documenti interni, nuove prove mostrano che le forze speciali della milizia sciita «progettarono ed eseguirono» l’attacco compiuto con un’autobomba che uccise anche altre 22 persone. Il canadese Daniel Bellemare, a capo della squadra di investigatori, ha detto che gli inquirenti sono a conoscenza di questo elemento da un mese, ma lo hanno voluto tenere riservato fino ad ora. E qui si innesta un grave interrogativo: perché l’Onu non ha ancora reso pubblica l’esistenza di queste prove? In aprile il tribunale Onu ordinò il rilascio per mancanza di prove di quattro generali libanesi che da quattro anni erano in carcere senza imputazione perché sospettati di essere registi del massacro.
Le reazioni. Il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman ha chiesto che venga emanato un ordine di arresto internazionale per Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah.

Ma il gruppo sciita libanese ha negato ogni suo coinvolgimento, affermando che le notizie divulgate dallo «Spiegel» sono «fabbricazioni» che mirano a indebolire il gruppo prima delle elezioni politiche in programma in Libano il prossimo 7 giugno.

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